Prima guerra mondiale: la disfatta di Caporetto

24 Ottobre 1917, Prima guerra mondiale: la disfatta di Caporetto.

Quella subita a Caporetto fu per l’Italia la sconfitta più bruciante subita durante la Grande Guerra. L’evento si consumò nella notte a cavallo tra il 23 e il 24 ottobre del 1917, e portò intere colonne di soldati a ripiegare disordinatamente verso il Piave, lasciando inevitabilmente al nemico la possibilità di impossessarsi di tonnellate di munizioni, migliaia di cannoni e un importante numero di vettovaglie.

Protagonista della vicenda fu il generale tedesco Otto von Below, comandante in capo delle truppe tedesche e austro-ungariche. Questi lanciò un attacco dalle enormi dimensioni sul fronte dell’Isonzo fra Plezzo e Tolmino, presso Caporetto (oggi Kobarid, in Slovenia).

L’azione bellica cominciò verso le 2 di notte, con un fitto e pesantissimo bombardamento. Le trincee, le caverne e i ricoveri furono investiti dal fuoco di oltre 2000 tra cannoni e obici, accompagnato dal gas, contro il quale le maschere italiane non poterono fare pressoché nulla. Seguì l’attacco operato dai reparti di fanteria: 15 divisioni (per un totale di oltre 350mila soldati), non particolarmente prostrate dalla fatica, vennero scagliate contro la già esausta II Armata del generale Luigi Capello, schierata in quel settore.

Il 25 ottobre 1917 l’esercito italiano, decimato e privo di direttive certe da seguire, entrò in rotta riversandosi sulle strade in maniera piuttosto caotica, seguito da migliaia di profughi civili. Le diserzioni furono numerose, molti soldati in fuga preferirono darsi al nemico, alcuni addirittura si suicidarono con un colpo di pistola alla tempia (come il generale Giovanni Villani).

L’arretramento del fronte continuò fino al 9 novembre, quando si attestò sulla linea Fiume Piave-Monte Grappa-Monte Pasubio. Il bilancio fu terribile: 11000 soldati italiani morti, all’incirca 29000 i feriti, 300000 i prigionieri, altrettanti sbandati, 20000 chilometri quadrati di territorio nazionale invase dal nemico, con le intere province di Udine e Belluno e gran parte di quelle di Venezia, Treviso e Vicenza sotto dominio straniero.

Il generale Luigi Cadorna, così come tutto il Comando Supremo, nonostante l’evidenza dell’imminente attacco nemico, fu colpevolmente colto di sorpresa e diramò le direttive tra le 18 e le 23, quando ormai era troppo tardi e l’inevitabile non poteva più esser scongiurato. Addossò le colpe di quanto accaduto ai fanti della II Armata, accusandoli di viltà.

Il re Vittorio Emanuele III, avendo colto il montante malumore delle truppe e non potendo non ascoltare le furiose polemiche inscenate dalla stampa rispetto a quanto accaduto, sostituì Cadorna con Armando Diaz. Poco più di un anno dopo, esattamente il 4 novembre 1918, l’Italia sarebbe uscita vincitrice dalla Grande Guerra.

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