La Costituzione preparata da Bonaparte ed accettata dalla consulta lionese era fondata sul primato dell’esecutivo e sull’umiliazione del legislativo. Spettava al presidente nominare i ministri, questi avrebbero governato e proposto le leggi che poi dovevano essere esaminate e approvate da un corpo legislativo di 75 membri, solo per metà eletti, divisi per corporazioni: – i possidenti, i commercianti, i dotti –
Nel 1806 Napoleone, padrone ormai dell’Europa occidentale, dopo aver annunciato solennemente che la dinastia dei Borbone aveva cessato di esistere a causa della sua indegnità, costrinse quei sovrani a rifugiarsi in Sicilia (ove continuarono a regnare sotto la diretta protezione delle truppe inglesi), mentre un esercito francese prendeva possesso della parte continentale del regno ed il fratello Giuseppe Bonaparte era divenuto re di Napoli. Da sottolineare che tanto il regno d’Italia quanto quello di Napoli erano destinati a diventare vassalli e tributari dell’Impero francese.
Ogni regione, o ogni gruppo di regioni, ebbe una sua storia diversa:
Con il trattato di Lunéville (1801) il granducato di Toscana – per un complesso gioco di compensazioni diplomatiche – fu tolto all’arciduca austriaco che lo governava, fu unito al ducato di Parma e assegnato ad un principe spagnolo che divenne poi re d’Etruria. Il regno d’Etruria durò sino al 1807, quando fu annesso all’Impero francese. Lo stesso destino dell’annessione alla Francia era toccato al Piemonte e, nel 1809, dopo la rottura con Pio VII, allo Stato pontificio; Roma fu dichiarata ‘libera città imperiale’.
Insomma, Piemonte, Liguria, Parma e Piacenza, Toscana, Umbria e Lazio divennero dipartimenti transalpini annessi all’Impero, separati, pertanto, dalle regioni costituenti il regno d’Italia: Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna.