Modena si solleva: i moti del 1830-31 in Italia.

L’Italia non fu immune dal circuito rivoluzionario che si stava diffondendo a macchia d’olio nel continente europeo nel 1831. Insorsero le ricche città del Nord, nelle quali la Carboneria era più fittamente articolata. Si sollevarono i ducati di Modena, Reggio, Parma e le province settentrionali dello Stato pontificio; si ribellarono Bologna, Ravenna, Forlì, Ferrara, come anche Ancona. All’origine dei moti erano certamente i rapporti molto stretti che collegavano i repubblicani e i carbonari francesi con i settari italiani: l’organizzazione si era largamente diffusa nei ceti medi, tra i commercianti, i professionisti, i possidenti e anche tra gli ufficiali.

A Modena, il gruppo dei carbonari guidati da Enrico Misley (Modena, 1801 – Barcellona, 1863), avvocato e patriota italiano, e da un commerciante, Ciro Menotti (Migliarina di Carpi, 23 gennaio 1798 – Modena, 26 maggio 1831), assunse un ruolo centrale. Entrambi avevano da tempo stabilito segreti contatti col duca Francesco IV d’Austria-Este (Milano, 6 ottobre 1779 – Modena, 21 gennaio 1846), duca di Modena e Reggio dal 1814. La storiografia sostiene che il duca era disposto a giocare la carta settaria per tentare di estendere i suoi domini. Neppure i carbonari, seguendo una linea decisamente pragmatica, sembravano contrari ad avvalersi dell’aiuto di un principe. Molto brusco fu però il voltafaccia del duca quando seppe della svolta parigina ed ebbe sentore dell’intransigenza di Metternich (Coblenza, 15 maggio 1773 – Vienna, 11 giugno 1859), cancelliere di Stato dell’Impero Austriaco. Così Francesco IV, che non aveva alcuna convenienza a trasformare il ducato in una trincea avanzata della rivoluzione, il 3 febbraio 1831 fece arrestare i capi della congiura. Ma era troppo tardi. Modena e Parma insorsero. A Bologna si costituì un governo provvisorio (5 febbraio) e, nei giorni immediatamente seguenti, mossero le Romagne, le Marche e l’Umbria; l’8 febbraio si costituì un governo provvisorio che dichiarò decaduto il potere temporale dei papi. Il cardinal legato e i principi si rifugiarono nelle fortezze presidiate dagli Austriaci, mentre le città erano percorse da impetuose manifestazioni.

Tuttavia, il moto non ebbe la capacità di propagarsi a dovere: la Toscana e la Lombardia rimasero inerti, nello Stato pontificio il nuovo papa Gregorio XVI organizzò un corpo di volontari intorno alle bandiere della Santa Fede. Nei territori in rivolta mancò ogni coordinamento. Contrasti di fondo emersero tra le varie città e dissensi di fondo contrapposero moderati e radicali. Nell’assoluta indifferenza del governo di Parigi, un corpo di truppe austriache avanzò nei Ducati e, in pochi giorni, ristabilì sui loro troni i principi fuggiaschi.

Qualche resistenza opposero, intorno a Rimini e Bologna, i reparti comandati da Carlo Zucchi (Reggio nell’Emilia, 10 marzo 1777 – Reggio nell’Emilia, 19 dicembre 1863), valoroso generale dell’esercito italico ai tempi di Napoleone. I principi restaurati non fecero attendere la loro vendetta. Venne ucciso anche Ciro Menotti. Nelle Legazioni le truppe pontificie si abbandonarono a saccheggi e violenze che imposero nel 1832 il ritorno degli Austriaci come protettori delle popolazioni. Il governo francese, in risposta, occupò Ancona. Solo sei anni dopo, nel 1838, Austria e Francia sgomberarono le due città.

La fallita rivoluzione, tuttavia, ebbe notevole importanza, in quanto comportò la formazione d’una più matura coscienza rivoluzionaria che ebbe la sua espressione in Giuseppe Mazzini.

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