La battaglia tra Polacchi e Russi fu sanguinosa, e durò più di un anno. Gli insorti speravano nell’aiuto francese; la monarchia orleanista, ormai, aveva però intrapreso la via dei compromessi e non era più disposta a sfidare l’ostilità degli imperatori di Russia e d’Austria. Casimir Pierre Périer (Grenoble, 11 ottobre 1777 – Parigi, 16 maggio 1832), politico francese e presidente del Consiglio dal 1831, dichiarò che “il sangue dei Francesi era riservato alla Francia” e spiegò che il principio di non intervento non includeva affatto la necessità di una guerra quando questa non corrispondeva ai superiori interessi del Paese.
Nel settembre 1831 l’esercito russo batté definitivamente gli insorti e occupò Varsavia. Il regno polacco fu conservato nominalmente ma, in sostanza, fu assorbito nel sistema autocratico dell’Impero. Cominciò da quel momento la cosiddetta opera di “snazionalizzazione”: 45000 famiglie della piccola nobiltà polacca furono deportate brutalmente in Siberia e, contemporaneamente, iniziò l’emigrazione spontanea dei Polacchi verso l’Occidente.
“La scomparsa della libertà in Polonia coincise con una fuga di soldati di ventura, di intellettuali, di professori, di poeti e di musicisti che affermarono il genio slavo nelle capitali d’Europa”. (Fisher)
La rivoluzione polacca del 1830, dall’esito in apparenza rovinosamente fallimentare, ricordò tuttavia all’Europa l’esistenza di un nucleo di sentimento nazionale forte, e di ingiustizie nazionali non ancora placate. I Francesi non dimenticarono mai che la ribellione polacca era una delle tante dirette conseguenze del moto di luglio ed era stata incoraggiata proprio da Francesi eminenti. Si formò così tra Francia e Polonia un legame importante, tuttora apprezzabile.