I modelli politici ispiratori dei moti rivoluzionari

Numerosi osservatori sono concordi nel ritenere che i modelli politici che hanno ispirato i moti rivoluzionari del XIX secolo derivarono almeno in parte dalla Rivoluzione francese.

Il progetto liberal-moderato, proprio dell’alta borghesia e dell’aristocrazia avanzata, era ispirato dalla Costituzione del 1791. La Costituzione dell’anno 1791, redatta dall’Assemblea costituente (composta di tre grandi raggruppamenti: gli aristocratici, i monarchici, i patrioti), venne ispirata ai principi di Montesquieu sulla divisione dei poteri: al re e ai suoi ministri venne affidato il potere esecutivo, pur sottoponendolo al controllo dell’Assemblea legislativa, da eleggersi ogni due anni, alla quale venne riservato il compito preminente della legislazione; il potere giudiziario fu affidato a un corpo di magistrati non più di nomina regia ma eletti nelle assemblee locali e perciò espressione della sovranità popolare. Il progetto liberal-moderato aveva come modello di riferimento la monarchia costituzionale che prevedesse un sistema parlamentare limitato dal censo degli elettori.

Il progetto radical-democratico, perseguito dalla piccola borghesia e da alcuni gruppi intellettuali, poteva invece farsi risalire alla fase giacobina della Rivoluzione, e il suo ideale corrispondeva alla mai applicata Costituzione del 1793. Questa rivendicava al popolo il suffragio universale, il diritto all’insurrezione, al lavoro e all’assistenza; dichiarava che scopo del governo era il benessere dei cittadini, da ricercare ad ogni costo.

A ispirare, infine, il modello che esprimeva le tendenze socialiste e che fu seguito dai rappresentanti delle classi operaie e industriali furono le sollevazioni post-termidoriane, soprattutto la Congiura degli Eguali di Gracco Babeuf, che andava oltre la tradizione dei Robespierre e dei Saint-Just (rivoluzionario e politico francese).

Questi i tre modelli cui si ispirarono i motivi rivoluzionari che caratterizzarono l’Ottocento.

Queste rivoluzioni, destinate a sconvolgere l’assetto stabilito durante il Congresso di Vienna, investirono progressivamente tutta l’Europa.
Negli anni Venti il circuito rivoluzionario acceso dalla lotta dei popoli latino-americani si propagò, attraverso la Spagna, fino alle regioni occidentali del continente: i motivi rivoluzionari investirono la penisola iberica, l’Italia e la Grecia, sino a lambire nel 1825 l’impero degli zar.
Negli anni Trenta la rivoluzione a Parigi e in Francia segnò la fine definitiva degli equilibri conservatori che avevano sorretto fino a quel momento la Restaurazione: l’ormai residuo potere dell’aristocrazia fu sconfitto; in Francia, in Belgio, in Gran Bretagna, in Svizzera, in Spagna e in Portogallo si consolidarono le istituzioni liberali e borghesi.

In sostanza, dando uno sguardo più ampio, l’Europa di quel periodo contrapponeva due blocchi ben distinti: un’area liberale che trovava il suo centro nelle potenze marittime (Francia e Inghilterra) e un’area che investiva l’Europa centro-orientale, dominata dai governi reazionari di Austria, Prussia e Russia.

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