Napoleone mantenne il principio della coscrizione e l’esercito divenne il crogiolo entro il quale si formò l’unità delle diverse nazioni che costituivano l’Impero, e tanto avvenne anche là dove i popoli rimasero sottomessi alla Francia. Diverso fu, invece, nell’Armata, il destino del principio d’eguaglianza. La guerra moderna esigeva che i comandanti di reparto fossero forniti di competenze tecniche e di quella cultura di base che rese necessarie le scuole per ufficiali. Napoleone cercò di attirarvi i figli dei notabili (borghesi o nobili uniti), ma vi affluirono anche i figli della piccola borghesia, attratti dallo splendore e dalla gloria del mestiere delle armi; alla fine dei conti, i quadri delle armate napoleoniche risultarono formati prevalentemente dalla classe media. La società militare (il contingente della truppa e i quadri dell’ufficialità) esercitò, comunque, una forte influenza sul mondo civile anche se, sotto diversi aspetti, rimase separata da questo. Soldati e ufficiali conservarono i loro riti ed i loro costumi, il senso di un’obbedienza che non era rigorosamente gerarchica, il rispetto del coraggio individuale, il mito dell’onore, la devozione al supremo sacrificio per la patria e per l’imperatore. L’esperienza della guerra in terre lontane unificò il sentimento comune.
Il secolo dei Lumi, che si era in parte consacrato sulla teorizzazione del probabile raggiungimento della pace universale, dovette assistere all’irrompere del ‘mito del soldato’ e si concluse con uno scenario drammatico di morte e di distruzioni. Anche il nuovo secolo, nei suoi primi decenni, sperò nella pace, ma quando questa, dopo la tempesta napoleonica, riuscì ad affermarsi, trovò una società lacerata, nella quale ai turbamenti ed alle inquietudini della gioventù romantica, si contrapponevano i mediocri sogni di quanti aspiravano alla vita del bottegaio e del commerciante.