La Prima Battaglia del Piave

Prima guerra mondiale: il 13 novembre 1917 prese il via la Prima Battaglia del Piave, che vide il Regio Esercito italiano opporsi alle forze dell’Impero tedesco e dell’Impero austro-ungarico.

Le truppe italiane, considerate moralmente distrutte dopo la Battaglia di Caporetto, opposero sorprendentemente una tenace resistenza nei dintorni del monte Grappa, tra le rive del Brenta e del Piave, permettendo così alla linea difensiva impostata lungo quest’ultimo fiume di resistere strenuamente all’offensiva nemica, che dovette pertanto ridimensionarsi alla guerra di trincea.

Con la ben nota espressione “Offensiva del Piave” (o “Battaglie del Piave”) si indicano i combattimenti avvenuti tra il Regio Esercito italiano e gli Austro-Ungarici, durante la Grande Guerra, proprio nei pressi del fiume Piave. Il primo avvenne tra il 13 e il 26 novembre 1917. Con l’antecedente disfatta di Caporetto, l’Esercito Italiano aveva perso un numero imponente di uomini, senza contare gli armamenti (cannoni, mitragliatrici e fucili). Dopo questo tragico episodio, lo Stato Maggiore Italiano, in accordo con l’Alto Comando dell’Intesa, decise di attestare la nuova linea sul Piave, ordinando contemporaneamente l’arretramento delle armate delle linee Giulia e Carnica.

L’improvvisato schieramento italiano a difesa del Piave era già stato prefigurato da Cadorna, e Diaz non poté che attuarlo, ponendo a Sud la 3° Armata, con il fianco destro sul mare; più a Nord l’8° Armata a presidio del colle del Montello; poi la 4° Armata a cavallo del fiume Musone e sul Monte Grappa; infine, ancora di seguito, la 6°, attestata tra i fiumi Brenta e Astico, mentre la 1° e la 7° abbracciavano il resto del fronte fino al Garda e oltre. In seconda linea, nella zona di Castelfranco Veneto, stazionava in riserva la 9° Armata.

Il 9 novembre 1917, 35 divisioni italiane fronteggiarono 55 divisioni Austro-germaniche. Gli austriaci erano organizzati in due gruppi d’Armate: il Gruppo Boroevic, costituito dalla 6° e dall’Armata dell’Isonzo, dislocato tra il mare e i margini orientali del massiccio del Grappa, e il Gruppo Conrad, che copriva il fronte dal Grappa al Garda. Gli Austro-germanici, non essendo riusciti ad agganciare tutto l’Esercito Italiano prima che questo riparasse oltre il Piave, speravano almeno di impedirgli di attestarsi saldamente sulle nuove posizioni, mediante un’offensiva lanciata in due fasi: la prima dal 13 al 26 novembre, la seconda dal 4 al 26 dicembre.

L’attacco più massiccio provenne da Nord, teso a sfondare la 6° e la 4° Armata italiana per puntare poi verso Vicenza e Verona. Il Gruppo Conrad scese dall’Altipiano dei Sette Comuni verso Asiago, mentre l’11° Armata di von Krauss lanciò nove divisioni verso il Grappa, scarsamente fortificato e difeso da quattro gracili divisioni italiane, sostenute da pochi cannoni. Il fronte italiano resistette in maniera ferrea, nonostante la perdita di Asiago; alcune località furono addirittura riguadagnate dopo cinque giorni.

Il Gruppo Boroevic esercitò intanto una forte pressione sul Piave, e alcuni reparti austriaci della Isonzo Armee crearono una testa di ponte nell’ansa di Zenson, oltrepassando il Piave. Gli austro-germanici furono respinti nella Grave di Papadopoli e a Grisolena, presso la foce del fiume. La testa di ponte austriaca fu poi annientata il 17 dicembre 1917, con il concorso delle batterie della Marina, montate su vecchi pontoni o su cannoniere, che erano state dislocate presso il corso inferiore della foce del Piave.

Il sostegno di numerosi cannoni navali, di medio e grosso calibro, contribuì notevolmente alla tenuta del settore della 3° Armata, motivo per cui gli Austriaci dovettero concedersi una tregua su tutto il fronte. La sosta, per quanto breve, consentì di rafforzare il fronte difensivo con alcune truppe alleate e con le prime classi di leva del 1899. Gli Inglesi sul Montello e i Francesi nel settore Tomba-Monfenera non avrebbero però mai combattuto, e quella del Piave sarebbe rimasta una prova difensiva esclusivamente italiana.

La Prima Battaglia del Piave fu l’unica battaglia di difesa elastica che si svolse sul fronte italiano durante la Prima guerra mondiale, caratterizzata da pronti e organizzati contrattacchi del Regio Esercito che aveva deciso di concedere più autonomia agli ufficiali sul campo, con conseguente aumento del morale generale. Altro fenomeno che concorse alla vittoria difensiva va ricercato nel fatto che il Comando Supremo si limitò al ruolo di “osservatore”, riducendo così al minimo la sua influenza con circolari e ordini rivolti alla 4ª Armata, cosicché venne eliminato il disastroso fenomeno di “burocratizzazione” (una delle cause della sconfitta di Caporetto).

« …il soldato italiano, non per virtù di provvedimenti di comando o di governo, né per favorevole rivolgimento di situazione militare (che dovette anzi conquistare col suo sangue), ma da sé e da solo, ben inteso sotto i suoi comandanti diretti di unità e di reparti, riprese la coscienza morale e il suo valore… » (Gaetano Giardino)

Precedente Il Colpo di Stato del 18 Brumaio Successivo Il bombardamento di Berlino