L’altra linea della politica austriaca era tesa a conservare gli equilibri esistenti nel continente contro le spinte esercitate dai movimenti nazionali. Questi aggredivano da ogni parte, sia nell’area slava che in quella italiana, il composito impero. Contro il vasto e disarticolato fronte dei movimenti nazionali il governo imperiale organizzò un poderoso apparato repressivo e invocò la collaborazione della diplomazia. Cercò comunque di imporre la sua leadership sul piano della cultura e dell’efficienza amministrativa.
L’egemonia austriaca si affermò risolutamente su buona parte della nostra penisola. Lombardia, Veneto, Trentino e parte dell’Istria, Trieste compresa, entrarono direttamente a far parte dell’Impero asburgico, che riuscì così a consolidare il proprio dominio su regioni caratterizzate da un’agricoltura condotta con metodi capitalistici e da un notevole sviluppo dell’industria tessile, Lombardia in particolare. Il governo di Vienna esercitava inoltre notevole influenza sui piccoli Ducati di Parma, Piacenza e Guastalla, affidati al governo di Maria Luisa d’Asburgo (già moglie di Napoleone), e di Modena e Reggio, affidato a Francesco d’Asburgo-Este. Il Granducato di Toscana fu riconsegnato senza colpo ferire a Ferdinando III d’Asburgo-Lorena, fratello dell’imperatore d’Austria, mentre nel Regno delle Due Sicilie il ritorno dei Borbone coincise con al firma di un’alleanza con l’Austria, a cui venne affidata la riorganizzazione delle forze armate. Anche lo Stato della Chiesa si pose sotto la protezione degli Asburgo e il papa Pio VII accettò lo stanziamento di presidi militari austriaci sul territorio.