La prima campagna d’Italia

1796-1797: La prima campagna d’Italia
Ristabilita la disciplina, acceso l’animo dei soldati con la promessa di saccheggi e di prede, Bonaparte batté con fulminee manovre le truppe sabaude, costringendo Vittorio Amedeo III, che fu duca di Savoia, Piemonte e Aosta e re di Sardegna dal 1773 al 1796, ad abbandonare il campo della coalizione, a cedere alla Francia Nizza e la Savoia, ad aprire il paese ai Francesi, che ne fecero logicamente la base delle successive operazioni di guerra contro l’Austria.

La Repubblica d’Alba, sorta per opera dei Giacobini piemontesi poco prima dell’arrivo dei Francesi, fu sacrificata da Bonaparte, che stipulò coi Savoia un trattato (Cherasco, 28 aprile 1796), lasciando loro mano libera nei confronti dei patrioti. L’effimera vita della Repubblica d’Alba anticipò così le contraddizioni del giacobinismo italiano, le cui esigenze di rinnovamento erano destinate ad essere sacrificate alla ragion di Stato della nazione guida.

Liberatosi dei Savoia, Bonaparte affrontò gli Austriaci, costringendoli ad abbandonare Milano (15 maggio 1796) e a chiudersi in Mantova. Si rivolse poi contro i piccoli Stati dell’Italia settentrionale e centrale (i ducati di Parma e di Modena, le repubbliche di Genova e di Lucca, lo Stato della Chiesa) che dovettero sottostare a pesanti contribuzioni in denaro e cedere le opere d’arte dei loro musei e i preziosi manoscritti delle loro biblioteche, che presero la via di Parigi a testimoniare i successi di Bonaparte. Il 19 febbraio 1797 il papa fu costretto ad accettare, col Trattato di Tolentino, lo stati di neutralità impostogli dal vincitore. Si chiudeva in tal modo la prima fase della campagna d’Italia.

La controffensiva austriaca non si fece attendere a lungo, ma non sortì alcun effetto positivo palpabile, anzi si risolse in altre folgoranti vittorie francesi (Bassano, Arcole, Rivoli Veronese), che costrinsero gli Austriaci a sconfinare nel territorio della Repubblica veneta, ove Bonaparte li inseguì, non curandosi della neutralità proclamata dalla Repubblica stessa. Quest’ultima cadde, dopo aver assistito inerte alla devastazione del proprio territorio da parte degli eserciti austriaci e francesi. L’ultimo doge abbandonò la città mentre il Maggior Consiglio votava (12 maggio 1797) la nascita d’una Repubblica democratica. Nel giugno 1797 anche la Repubblica aristocratica di Genova dovette trasformarsi nella Repubblica democratica ligure.

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