La carriera di Bonaparte

Cominciamo ad introdurre la figura di Bonaparte, che, come tutti sanno, sarà centrale rispetto allo sviluppo degli assetti d’equilibrio tra i diversi Stati europei e non solo.

Nato ad Ajaccio nel 1769 da una famiglia di piccola nobiltà, Napoleone Bonaparte era divenuto ufficiale di artiglieria prima del 1789, al tempo dell’Antico Regime. L’oscurità dei natali e la scarsezza dei mezzi familiari sembravano condannarlo inizialmente ad una poco brillante carriera; tuttavia la Rivoluzione gli offrì l’occasione di farsi avanti, di spiccare. Uno storico scrisse di lui: “Cupo, selvatico, aspro di carattere, dalla nativa isola portava in Francia un’audacia sterminata d’intraprese, uno scarsissimo senso dei vincoli, dei doveri, delle superstizioni che legano gli uomini inciviliti. Aveva qualcosa dei fieri banditi e dei ribelli còrsi, che sanno e possono vivere fuori dalla società e premerla come forza estranea”.

Accostatosi ai Giacobini, ebbe l’incarico di strappare Tolone ai federalisti ribelli, e fu proprio in questa impresa che rivelò le sue eccezionali qualità militari (di cui darò conto ampiamente più avanti), tanto da ottenere a soli venticinque anni la promozione a Generale. Gli eventi del 9 termidoro sembrarono spezzarne, come amico dei Giacobini, la brillante carriera; ma presto tornò in auge, accostandosi ai nuovi potenti e prendendo a frequentare i salotti parigini, ove conobbe, e più tardi sposò, la giovane vedova di un generale ghigliottinato sotto il ‘Terrore’, Giuseppina Beauharnais.

Entrato nelle grazie di P.-Francois Barras, uno dei più influenti membri del governo, gli fu affidata la difesa armata del Direttorio contro il colpo ‘realista’ di vendemmiaio. Il successo riportato in tale occasione gli assicurò il comando dell’armata che doveva operare in Italia: 36.000 uomini male armati, male equipaggiati, insofferenti alla disciplina, delusi da una condotta di guerra inconcludente. Agli ordini di Bonaparte questa accozzaglia di uomini cambiò anima e volto, divenendo progressivamente il mirabile strumento dell’ascesa politica del proprio comandante. Si avveravano le profezie espresse da Robespierre nel suo discorso contro la guerra del gennaio 1792. L’esercito, o piuttosto i suoi generali, si avviavano a divenire arbitri delle sorti del paese a danno della libertà e dei diritti dei cittadini.

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