Il bombardamento di Roma

19 luglio 1943: il bombardamento di Roma.

Il Primo Ministro britannico scrisse nel luglio del 1943 al presidente americano parole chiare, dure, che ebbero notevole influenza su quanto poi avvenne a pochi giorni di distanza: “Se prendiamo Roma infliggeremo un colpo mortale, tagliando le vie di comunicazione, isolando il sud, spazzando via con ogni probabilità la famiglia Reale e Mussolini e mettendo al sicuro il Papa che è l’unica forza reale rimasta nel paese […] Roma significa l’Italia, e il suo controllo può produrre una trasformazione dell’intera situazione bellica, dandoci la possibilità di chiudere il tutto l’anno prossimo”. Durante la conferenza di Casablanca del gennaio 1943 erano state fissate date e priorità: dopo il Nord Africa sarebbe scatta l’Operazione Husky (sbarco degli Alleati in Sicilia) e la liberazione della penisola italiana; in una seconda fase si sarebbero concentrati gli sforzi nell’organizzazione dello sbarco alleato sulle coste francesi.

È in questo contesto, dunque, nel mutamento generale dello scenario globale che nel giugno del 1943 il Combined Chiefs of Staff alleato chiarì di avere concesso una volta per tutte l’autorizzazione ad effettuare i bombardamenti sulla zona ferroviaria di San Lorenzo nel momento in cui questo avrebbe consentito il migliore esito dell’operazione Husky. Roma divenne così un bersaglio imprescindibile da colpire per debellare definitivamente la minaccia nazista.

La mattina del 19 luglio 1943 più di 500 bombardieri americani, guidati dal generale James Doolittle, attaccarono la capitale d’Italia. Questo avvenne per la prima volta dall’inizio della Seconda guerra mondiale. I bersagli principali dell’offensiva furono lo scalo ferroviario Littorio, a Nord di Roma, e l’aeroporto di Ciampino. Vennero sganciate più di mille tonnellate di bombe. Furono all’incirca tremila i civili che persero la vita, e almeno diecimila feriti. Nonostante il bombardamento fosse avvenuto in pieno giorno e a una quota relativamente bassa, nemmeno un aereo americano venne abbattuto durante l’operazione.

Benito Mussolini, secondo fonti accreditate, non era a Roma durante il bombardamento. Si trovava a Feltre, in provincia di Belluno, per un colloquio con l’alleato tedesco Adolf Hitler per discutere le misure da prendere per rispondere allo sbarco degli Alleati in Sicilia, avvenuto poche settimane prima.

Fino alla sua liberazione, avvenuta il 4 luglio del 1944, Roma fu oggetto di attacchi aerei diverse altre volte. Il bersaglio dell’attacco del 19 luglio 1943 furono alcuni specifici obiettivi militari, tra cui, come detto, l’aeroporto di Ciampino e gli scali ferroviari di San Lorenzo e Littorio. Proprio per questo fu necessario compiere l’offensiva in pieno giorno, in modo che gli aerei potessero identificare i bersagli precedentemente selezionati. Tuttavia, la tecnologia nel 1943 non era molto accurata nel rilevare gli obiettivi, così che il bombardamento di precisione non ebbe effetti molto diversi da quello a tappeto. Gli aerei americani non disponevano di missili, ma soltanto di bombe a caduta libera. Circa una bomba su dieci arrivò sugli obiettivi.

L’effetto militare del bombardamento è dubbio, mentre ebbe un forte effetto politico. I principali leader del Partito Fascista, infatti, dopo quanto avvenuto, e tra molte incertezze, votarono la sfiducia a Mussolini nella celebre riunione del Gran Consiglio del 24 luglio. Il giorno dopo, il Re approfittò per farlo arrestare. Passò poco più di un mese, e l’Italia firmò l’armistizio con gli Americani e i loro alleati.

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