Dal Consolato all’Impero

L’Impero di Napoleone:
Come detto nel precedente articolo, il Concordato con la Santa Sede stipulato da Bonaparte fu un evento di importanza notevole: la Francia, che era stata rivoluzionaria ed aveva poco tempo prima attraversato la tempesta della ‘scristianizzazione’, riconosceva che il Cattolicesimo era la religione della maggioranza dei cittadini e s’impegnava a rispettarne le manifestazioni del culto. Il clero, da parte sua, rinunciava a rivendicare i patrimoni ecclesiastici incamerati dalla Rivoluzione ed accettava il nuovo costume proprio dello Stato laico: il divorzio, il matrimonio civile, l’eguaglianza religiosa. I vescovi sarebbero stati nominati dal Primo console e istituiti dal papa: Bonaparte ottenne che clero parrocchiale, stipendiato dallo Stato, giurasse fedeltà alla Repubblica. Tuttavia, la promulgazione da parte di Napoleone degli ‘Articoli organici’, che in sostanza ribadivano i diritti dello Stato e confermavano le prerogative della Chiesa gallicana, costituì la premessa di quella rottura tra il pontefice e Bonaparte che si manifesterà in tutta la sua gravità nel 1809.

Nell’aprile dell’anno 1802 il Primo console promulgò un’amnistia generale per tutte le categorie di emigrati che la Rivoluzione aveva costretto ad abbandonare il paese; questi tornarono in patria a migliaia ed in tal modo Bonaparte guadagnò l’appoggio di una parte notevole dell’opinione che era stata ‘realista’.

La pacificazione che Bonaparte offriva ai Francesi passava, tuttavia, anche attraverso il soffocamento della lotta politica e la riduzione al silenzio delle opposizioni più estreme. Subito dopo la nomina a Primo console, Napoleone soppresse sessanta dei settantatré giornali esistenti ed aveva affidato la censura sulla stampa e sugli spettacoli al ministro degli Interni. Dalle tribune parlamentari, sottoposte a sistematica epurazione dei dissenzienti, solo pochissime voci isolate osarono esprimere delle critiche.

Agli accenti trionfali dei bollettini militari ed al plauso della stampa governativa facevano singolare riscontro le notizie delle congiure, dei frequenti attentati, delle sommosse sempre seguite da una durissima repressione. La precarietà della sua condizione era ben presente nell’animo di Napoleone. Egli non dimenticava che il suo potere riposava su un colpo di Stato: era turbato dalla pur lontana presenza di Luigi XVIII che aveva trasferito la corte a Varsavia e continuava a dichiarare di essere lui il legittimo re dei Francesi. Decise così di avviare repentinamente quel processo che terminò con la sua proclamazione a imperatore dei Francesi. Tribunato e Senato concessero alla sua famiglia l’ereditarietà della corona. Seguì un plebiscito: su quasi 4 milioni di votanti meno di tremila furono i voti contrari. La cerimonia di incoronazione, tenuta a Notre-Dame il 2 dicembre 1804, fu un trionfo scenico.

La Costituzione dell’anno XII (1804), portando a conclusione il processo già avviato dal Direttorio, accentuò il potere dell’esecutivo e ridusse a semplice parvenza le funzioni del legislativo. La volontà di Napoleone diventava legge attraverso l’emanazione di decreti che il Senato approvava all’unanimità, senza modifica alcuna. La vita politica ufficiale si raccolse di fatto intorno all’imperatore ed alla sua famiglia. La Costituzione dell’anno XII aveva elevato inoltre i fratelli di Napoleone al rango di principi ed aveva stabilito un certo numero di dignitari imperiali sia civili che militari: furono questi che costituirono l’ossatura della nuova amministrazione. A partire dal 1808, Napoleone conferì il titolo di principe ai grandi dignitari istituendo, così, una nuova nobiltà di servizio (baroni, conti, duchi dell’Impero); aprì, tuttavia, la corte anche alla vecchia aristocrazia. In tal modo, intorno al trono, si formò un’élite che costituì uno dei punti di forza del sistema imperiale. Incisiva fu l’opera di rinnovamento perseguita da Napoleone nel campo dell’amministrazione statale, della legislazione, e della Scuola.

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