Le vittorie di Bonaparte

Le prime importanti vittorie di Bonaparte.
Una nuova offensiva contro le forze austriache stanziate in Italia si concluse il 14 giugno 1800 con la vittoria di Marengo, una tra le più fulgide prove del genio strategico di Napoleone. Sconfitta temporaneamente da Moreau a Hohenlinden, l’Austria fu costretta a firmare la pace di Lunéville (9 febbraio 1801), che ristabiliva gli accordi di Campoformio e impegnava di conseguenza il governo di Vienna a riconoscere la Repubblica batava e la Repubblica elvetica (creata dallo stesso Bonaparte nel 1798).

Anche in Gran Bretagna, dove la crisi finanziaria causata dalle spese belliche si era sommata ad una grave carestia, numerose erano le voci che premevano per una conclusione del conflitto, vista anche la situazione di isolamento internazionale in cui era caduto il governo di Londra dopo il bombardamento effettuato dalla marina britannica contro la città di Copenaghen per porre fine alla Lega del Nord.
Lo sfaldamento del corpo di spedizione francese in Egitto seguito all’assassinio del generale Kléber convinse d’altra parte lo stesso Napoleone a intavolare delle trattative, che si conclusero l’anno successivo con la firma della pace di Amiens (25 marzo 1802). In cambio del ritorno dell’Egitto sotto la sovranità ottomana e del riconoscimento del dominio britannico sull’isola spagnola di Trinidad e su quella olandese di Ceylon, l’Inghilterra si impegnava a restituire Malta all’antico ordine cavalleresco cui era stata sottratta e a riconoscere il nuovo assetto europeo sancito dalla pace di Lunéville sopracitata. Il trattato era decisamente favorevole alla Francia, ma essa aveva pur vinto la guerra.

Il concordato con la Chiesa
Il consolidamento al potere del primo console conobbe un ulteriore sviluppo con la firma di un concordato con la Chiesa cattolica (15 luglio 1801), che pose fine al lungo periodo di contrapposizione iniziato con la Costituzione civile del clero. Il concordato, firmato dal cardinale Consalvi, segretario di Stato del nuovo papa Pio VII (salito al soglio pontificio nel 1800), riconosceva il cattolicesimo come religione praticata dalla maggioranza dei francesi a attribuiva al primo console il diritto di nominare i vescovi che, stipendiati dallo Stato insieme all’intero corpo ecclesiastico, avrebbero ricevuto l’investitura canonica del pontefice.
Il papa si asteneva inoltre dal rivendicare i beni della Chiesa nazionalizzati durante la Rivoluzione, mentre in base a una successiva legge sulle confessioni religiose, le prerogative di controllo statale sulla vita ecclesiastica vennero ulteriormente rafforzate. La rappacificazione tra Stato e Chiesa contribuì a rafforzare il consenso popolare attorno al primo console, favorendo la ricomposizione delle tensioni tra governanti e governati in un Paese a stragrande maggioranza cattolica come la Francia, e segnò un ulteriore passo avanti verso la definitiva conclusione della lunga stagione rivoluzionaria.

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