Il cauto riformismo dei sovrani: il regno di Napoli

Il cauto riformismo dei sovrani nella prima metà dell’Ottocento in Italia: il regno di Napoli.

Nel regno di Napoli si verificarono profonde trasformazioni già nel corso del decennio napoleonico. Le spinte progressive innescate dalla eversione del feudalesimo e da una legislazione moderna continuarono a operare nel profondo della società meridionale: i restaurati Borbone non si opposero al moto di rinnovamento, ma cercarono di mantenerlo entro il quadro degli istituti tradizionali. Soprattutto Ferdinando Carlo Maria di Borbone (Palermo, 12 gennaio 1810 – Caserta, 22 maggio 1859), re del Regno delle Due Sicilie dall’8 novembre 1830 al 22 maggio 1859, cercò di stabilire un’alleanza con le nuove forze della borghesia, persino con gli uomini del Decennio: voleva uscire dall’isolamento dei suoi predecessori e auspicava il prestigio e il benessere della patria meridionale. Intuiva tuttavia che l’appoggio incondizionato alle nuove forze sociali avrebbe portato con sé il superamento delle premesse assolutistiche del suo sistema: da ciò derivò, sotto le apparenze moderate, il sostanziale indirizzo conservatore, se non addirittura retrivo, della sua politica.

I problemi economici di fondo, nonostante l’incoraggiamento ufficiale alla borghesia agraria, commerciante e industriale, nonostante la realizzazione di nuove linee ferroviarie, l’introduzione di barriere doganali e una seppur parziale equità fiscale, non furono affrontati nella maniera adeguata. L’economia agraria non superò di fatto la sua forma più tradizionale: i pochi miglioramenti furono realizzati a spese delle moltitudini contadine. Anche l’industria rimase complessivamente arretrata. Le rare imprese moderne furono sorrette dal capitale straniero, invogliato dalla possibilità di corrispondere salari bassi. L’ignoranza di fondo della mano d’opera e la scarsità di maestranze specializzate erano aggravate ulteriormente dalla mancanza di una adeguata struttura scolastica tendente a qualificare il lavoro.

Al difetto nell’organizzazione delle energie produttive corrisposero il controllo della cultura, il soffocamento delle opposizioni, il regime di polizia. Quando apparve manifesto che l’alleanza con gli intellettuali avrebbe reso inevitabile l’instaurazione di rapporti più stretti con la società nel suo complesso e con la cultura italiana, sino alla dissoluzione del vecchio regno entro l’organismo nazionale, allora anche le sembianze apparentemente moderate della politica di Ferdinando scomparvero, la frattura con la borghesia liberale si compì definitivamente e il Borbone governò, come i suoi avi, del resto, affidandosi alla polizia e ai tribunali.

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