WWII: lo Sbarco Alleato in Sicilia

Seconda guerra mondiale: lo Sbarco Alleato in Sicilia.

Dalla primavera del 1942, orientativamente, l’iniziativa era passata nelle mani delle potenze alleate. Il vento stava cambiando. La marina inglese, congiuntamente a quella statunitense, inflisse due gravi sconfitte alla flotta giapponese (battaglia del Mar dei Coralli e delle isole Midway). Gli Alleati riuscirono poi nell’impresa di conquistare Guadalcanal, isola strategicamente fondamentale nei piani del generale MacArthur, comandante delle forze statunitensi nel Pacifico.

Sul fronte russo, le truppe tedesche stavano incontrando non poche difficoltà, in quanto rimasero per lunghi mesi bloccate sul terreno impervio attraverso il quale stavano tentando l’avanzata. Nel gennaio del 1943, un’intera armata fu costretta alla resa dopo la sconfitta subita nella battaglia di Stalingrado, sul Volga.

In Africa, il generale Bernard L. Montgomery ottenne, agli inizi di novembre del 1942, a El Alamein, una vittoria rimarchevole contro italiani e tedeschi, inferiori in uomini e mezzi, costringendoli nel giro di tre mesi a indietreggiare fino alla Tunisia. Contemporaneamente, venne aperto un secondo fronte attraverso lo sbarco di contingenti anglo-americani in Marocco. Le armate nazi-fasciste, strette tra due fuochi, capitolarono nel maggio del 1943.

Gli Alleati compresero così di come fosse giunto il momento di tentare lo sbarco sul continente europeo: distante pochi chilometri dalle coste tunisine, l’Italia rappresentava l’obiettivo ideale per dar seguito a tale intento. Oltre ad aprire un nuovo fronte nel Sud dell’Europa, lo sbarco sulla penisola avrebbe difatti offerto la possibilità concreta di sferrare un colpo mortale al principale alleato della Germania.

La decisione di sbarcare in Sicilia per procedere alla conquista dell’Italia fu il frutto di un compromesso tra gli ambiziosi piani dell’esercito statunitense e quelli più modesti dell’esercito inglese. Nella primavera del 1943 era chiaro a tutti gli alleati di come fosse necessario impegnare da qualche parte, in Europa, la Germania nazista. La guerra era in corso oramai da quattro anni, bisognava tentare il tutto per tutto.

Ma andiamo con ordine.

L’operazione “Husky”, questo il nome in codice, fu una delle imprese anfibie più rilevanti della Seconda guerra mondiale, sia dal punto di vista della quantità dei mezzi impiegati, sia per il brillante raggiungimento degli obiettivi prefissi (nello specifico, iniziare la liberazione dell’Europa e distogliere dal fronte orientale le truppe tedesche; in effetti, i nazisti rinunciarono a proseguire l’offensiva di Kursk, vista l’evidente difficoltà vissuta dal loro principale alleato). Lo sbarco alleato contribuì inoltre alla caduta del Duce, sfiduciato il 25 luglio del 1943 dal Gran consiglio del fascismo; questo, logicamente, ebbe un impatto psicologico immenso sull’opinione pubblica.

Come anticipato, i germi della sconfitta finale vanno ricercati nella resa firmata a Tunisi dalle truppe tedesche dell’Afrikakorps, nel maggio 1943. Gli Alleati controllavano ormai tutta l’Africa settentrionale, e i tempi erano maturi per tentare di conquistare l’Europa. Gli americani avrebbero preferito uno scontro nei Balcani, ma alla fine si impose la visione di Londra.

Funzionale al successo di quanto progettato fu l’operazione “Mincemeat”. Il piano inglese consistette nel far giungere alla deriva sulla costa spagnola (presso Huelva, scelta come punto strategico in quanto soggetto a forti influenze tedesche), un corpo esanime, che sembrasse vittima di un incidente aereo, con indosso la divisa da maggiore dei Royal Marines appartenente al Combined Operation Command alleato e con indosso dei documenti che rivelavano l’ambizione (logicamente falsa) degli Alleati: mettere piede in Grecia e, contemporaneamente, dar vita a qualche sbarco di diversione in Sardegna.

I tedeschi caddero in pieno nella trappola messa in piedi da Ewen Montagu, brillante ufficiale dei servizi segreti della Royal Navy: spostarono una divisione corazzata dalla Francia verso il Peloponneso, concentrarono del difese del Sud dell’Italia in Sardegna, e smantellarono parte delle loro difese in Sicilia.

La parte preliminare dell’invasione della Sicilia fu affidata ai Paracadutisti, anche se le avverse condizioni atmosferiche determinarono quasi il fallimento di quanto progettato. Alle prime ore dell’alba del 10 luglio 1943, comunque, avvenne lo sbarco su diverse spiagge del sud-est della Sicilia, da Licata a Siracusa. La conquista dell’isola si rivelò tuttavia più difficile del previsto. A Gela, il generale americano Patton si trovò costretto a dover affrontare una importante controffensiva dell’Asse, la quale rischiò di mettere in pericolo l’intera Operazione. I gruppi navali ricevettero così l’ordine di scatenare il fuoco alleato per proteggere le truppe americane.

Da considerare che l’infiltrazione della mafia locale, in appoggio agli Alleati, ebbe un ruolo considerevole: a molti soldati italiani venne caldamente consigliato di abbandonare il conflitto in corso.

Agli Alleati ci vollero ben 38 giorni per conquistare l’isola. La resistenza fu coriacea, si combatté villaggio per villaggio. Alla fine, si registrarono 9.000 morti per gli italo-tedeschi e 6.000 per gli Alleati. Lo sbarco accelerò indubitabilmente la crisi del regime fascista, già profondamente indebolito dalle sconfitte militari subite in Africa e nei Balcani e dal crescente malcontento popolare dato dalle disagevoli condizioni economiche vissute dal Paese.

L’Operazione “HUsky” rivestì dunque un ruolo centrale rispetto all’esito finale della Seconda guerra mondiale.

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