Carl von Clausewitz: il ritratto

“Carl Philipp Gottlieb von Clausewitz (1º giugno 1780 – 16 novembre 1831) è stato un generale, scrittore e teorico militare prussiano. Maggior generale nell’esercito prussiano, combattente durante le guerre napoleoniche, è famoso per avere scritto il trattato di strategia militare Della guerra (Vom Kriege), pubblicato per la prima volta nel 1832, ma mai completato, a causa della morte precoce dell’autore. Quasi tutta la sua vita si svolse sotto il regno di Federico Guglielmo III”.

I suoi scritti, paradossalmente, finirono per ottenere maggiore attenzione durante l’epoca nucleare di quella avuta tra i suoi contemporanei. Come sovente accade, difatti, la genialità di un individuo viene compresa e accolta solamente dopo la morte dello stesso. Il “Vom Kriege” (Della guerra) viene letto molto ancora oggi con enorme interesse soprattutto da chi si occupa di strategia militare contemporanea, probabilmente anche grazie al fatto che il testo ha gradualmente acquisito l’aura di un classico della letteratura bellica, e anche perché intriso di idee innovative e ancora all’avanguardia per molti aspetti.

Clausewitz considerò la sua prima guerra contro la Repubblica francese come una difesa giustificata, anche se politicamente e strategicamente inefficace, degli interessi prussiani; le successive, combattute contro Napoleone, le vide non solo come necessarie e inevitabili, ma come un vero e proprio imperativo etico. Riteneva molto più importante identificare gli elementi permanenti della guerra e giungere a comprendere come funzionassero realmente, invece che “perder tempo” a predisporre schemi strategici e misure tattiche contingenti. Ed è proprio per questo, probabilmente, che il “Vom Kriege” rimane ancora oggi attuale.

Il testo di Clausewitz prende come modello “Lo spirito delle leggi” di Montesquieu: entrambi sono documenti personali, quasi autobiografici. Le due opere riflettono in larga parte il passato dei loro autori, la loro posizione sociale, le loro idee, le loro professioni. Ambedue ricorrono sovente a delle generalizzazioni, a delle astrazioni che conferiscono alle loro opere un valore duraturo.

Clausewitz nacque da genitori borghesi a Burg, cittadina a 70 Km a sud-ovest di Berlino, nel 1780. Fu dopo la morte di Federico il Grande che l’esercito accettò Clausewitz e due suoi fratelli come allievi ufficiali. Vide il primo combattimento a 12 anni, quando i francesi vennero cacciati dalla Renania (1793). Nel 1795 tornò in Prussia, quando ormai si era cominciato a fare qualche idea sulla fucileria e sulla tattica relativa alle piccole unità. Nei 5 anni successivi prestò servizio presso una piccola guarnigione comandata da un pioniere vero e proprio dell’educazione militare in Prussia.

Nel 1801 venne ammesso alla scuola militare di Berlino; importante qui fu la figura di Scharnost, militare di professione, tra i primi ad analizzare l’interdipendenza tra innovazione militare e trasformazione sociale e politica della società. Quest’ultimo incoraggiò gli interessi teorici del giovane Carl, e rinforzò la sua insoddisfazione latente verso il tradizionalismo dell’esercito prussiano. Nel 1804 Clausewitz primeggiò nella graduatoria del suo corso, fino ad esser nominato aiutante del principe Augusto di Prussia. Scharnost lo raccomandò al direttore della più importante rivista militare della Germania, e così nel 1805 pubblicò il suo primo articolo, che altro non era che una lunga confutazione delle teorie strategiche di Bulow, in quegli anni l’interprete di Napoleone più letto in Germania.

Bulow riconobbe che le recenti trasformazioni della guerra costituivano una rivoluzione, ma non riuscì a comprenderne pienamente la natura; il suo fu più un approccio geometrico al dilemma della guerra, desiderava trasformarla in una specie di oggetto a cui applicare principi matematici, mentre Clausewitz era orientato all’elaborazione di un approccio pragmatico, realistico. Clausewitz considerava il metodo perseguito da Bulow fallace, superficiale, mentre lui ricercava definizioni che si rivelassero funzionali e applicabili concretamente in battaglia; considerava inoltre poco attinente alla realtà la visione della guerra di Bulow che, fondando la sua analisi su elementi geografici e matematici, ignorava le azioni del nemico e gli effetti fisico-psicologici dati dal combattimento. Insomma, Bulow, per tentare di fare della guerra una scienza prevedibile, escluse dalla sua analisi gli elementi imponderabili come morale e psicologia, considerati invece fondamentali da Clausewitz.

Della guerra (in tedesco: Vom Kriege), l’opera di Carl von Clausewitz, si compone di otto libri. Pubblicato nel 1832, ancor oggi considerato uno dei più grandi trattati di strategia militare mai scritti, e tuttora adottato come libro di testo da numerose accademie militari.

Il testo si divide in 128 capitoli e sezioni, raggruppati in otto libri.
Il primo definisce le caratteristiche generali della guerra nell’universo sociale e politico, e identifica gli elementi sempre presenti in essa (ad esempio il pericolo, la fatica, etc).
Il secondo delimita le potenzialità e i limiti della teoria.
Il terzo tratta in maniera più approfondita e dettagliata gli elementi psicologici all’interno del fenomeno guerra.
Il quarto discute l’essenza dell’attività militare.
Il quinto analizza le forze combattenti nello specifico.
Il sesto si occupa della fase difensiva, il settimo di quella offensiva.
L’ottavo, il piano di guerra, riprende e approfondisce i temi più importanti trattati già nel primo libro, come ad esempio il rapporto tra la guerra assoluta e la guerra reale, il carattere politico della guerra, e molto altro.

Il materiale è stato ordinato secondo logica, in modo tale da dar vita ad una panoramica complessiva che analizzi la natura della guerra in generale.
Gli obiettivi di Clausewitz erano sostanzialmente due: penetrare, attraverso un’analisi logica, l’essenza della guerra assoluta e comprendere la guerra nelle varie forme in cui essa si esprime, in quanto fenomeno sociale e politico, nei suoi aspetti strategici, operativi e tattici.

Lungo l’intera opera corrono due rapporti dialettici fondamentali: il rapporto fra guerra teorica e guerra reale, e il rapporto fra i tre fattori che insieme compongono la guerra, ovvero la violenza, il gioco del caso e della probabilità, e la ragione. La guerra viene descritta come atto di forza all’impiego della quale non esistono limiti, un urto di due forze attive, che si distingue dalle altre attività umane per la violenza organizzata di massa. Nessuna delle due parti ha il controllo pieno delle proprie azioni, ed ogni contendente tenta di dettare le proprie all’altro e, di conseguenza, per cercare di eliminarsi a vicenda, i loro sforzi aumentano vertiginosamente.

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