L’invasione della Baia dei Porci

La Baia dei Porci è un’insenatura del golfo di Cazones, sulla costa sud-occidentale dell’isola di Cuba.

La vicenda storica (interna al più ampio contesto della Guerra Fredda) che vide come protagonista proprio la Baia dei Porci prese il via il 17 gennaio del 1961. All’alba di quel giorno, infatti, nacque una delle più sconsiderate operazioni d’intelligence di tutto il Novecento. Fu forse più un’operazione militare che non d’intelligence, anche se venne organizzata dalla CIA.

Dopo che il 1° gennaio del 1959 la rivoluzione di Fidel Castro ottenne la sua vittoria, costringendo alla fuga il dittatore Batista, la svolta a sinistra inaugurata dal nuovo governo – con la nazionalizzazione delle terre e di tutte le attività produttive – convinse l’amministrazione Eisenhower che Cuba stesse diventando un vero e proprio avamposto sovietico a poche miglia marine dalle coste americane. Basandosi sulle informazioni fornite dalle migliaia di profughi cubani fuggiti in Florida – una comunità che, sin da subito, fu ampiamente controllata dalle spie dei servizi segreti cubani – il presidente Eisenhower, al termine del suo secondo mandato, nel novembre del 1959 decise di autorizzare la CIA a pianificare operazioni clandestine per abbattere il regime castrista. Iniziò da quel momento un vero e proprio stillicidio quasi quotidiano, caratterizzato da bombardamenti isolati da parte di aerei senza contrassegni, con il sabotaggio delle colture di tabacco e canne da zucchero (anche con lancio di agenti inquinanti). Numerosi furono poi gli attentati contro le caserme e le sedi del partito castrista.

Il 18 febbraio 1960 un aereo senza contrassegni fu abbattuto dalla contraerea cubana. Il cadavere del pilota, rinvenuto dopo l’incidente, era quello di un cittadino americano: Robert Elliott Frost. Per nulla intimorito da questo evento, il 17 marzo 1960 Eisenhower siglò la sua autorizzazione per la realizzazione di un piano predisposto interamente dalla CIA, dal titolo “Programma di azioni clandestine contro il regime di Castro”. Tra l’altro, il progetto prevedeva di addestrare una forza paramilitare da inviare a Cuba per scatenare, congiuntamente alle forze anti-castriste interne, una rivolta armata contro il regime di Castro.

Con uno sforzo logistico senza precedenti, fu messo in piedi un campo di addestramento in Guatemala, dove vennero preparati a combattere oltre 1500 militanti anti-castristi. La presenza di una base segreta di addestramento in Guatemala divenne ben presto di dominio pubblico, tanto che, nel gennaio del 1961, un articolo del New York Times ne parlò diffusamente.

John Fitzgerald Kennedy, una volta divenuto presidente degli Stati Uniti d’America, fu intercettato da Allen Dulles, direttore della CIA, e Richard Bissell, vicedirettore operativo dell’agenzia. Il giovane neo-presidente, affiancato dal fratello Bobby, ascoltò così i dettagli del piano autorizzato dal suo predecessore. Ritenendo che il regime castrista fosse tanto debole da esser prossimo al crollo, almeno basandosi sulle informazioni ricevute, Kennedy diede il suo ok all’avvio della preparazione per uno sbarco a Cuba di un piccolo contingente militare. Il piano prevedeva l’impiego di sedici vecchi bombardieri della Seconda guerra mondiale B26. Questi, nelle intenzioni degli strateghi della CIA, avrebbero dovuto distruggere le forze aree cubane, oltre a far sbarcare all’incirca 1400 uomini sulla spiaggia della Baia dei Porci. Si pensava di poter così avere la meglio su un esercito di 200mila soldati cubani, tutti veterani dell’esercito, esperti di tecniche di guerriglia; questi, solo un anno e mezzo prima, avevano sbaragliato le forze di Batista.

All’alba del 17 aprile 1961 sei navi sbarcarono la Brigata 2056 sulle spiagge di Cuba. Lì si verificò il primo intoppo: quella che agli occhi degli analisti della CIA era apparsa come un banco di alghe, si rivelò invece essere la barriera corallina. Questa fermò i mezzi da sbarco a 80 metri dalla battigia, costringendo i miliziani a trasportare sotto il fuoco nemico armi e rifornimenti verso la spiaggia. Castro, poi, informato dettagliatamente del piano in atto, schierò saggiamente i carri armati sulle tre alzaie che da sole consentivano l’uscita dalla spiaggia. Riuscì così a colpire in maniera ottimale i miliziani al momento dello sbarco. Oltre alle tre alzaie tenute dai castristi, non c’era modo di uscire dalla spiaggia, in quanto questa affacciava su una palude invalicabile. La forza d’invasione venne così presa di mira dall’aviazione cubana, e due di essi, la Huston e la Rio Escondido, colarono a picco. Furono abbattuti anche nove B26.

Durante le operazioni logistiche, dunque, la situazione volse subito a favore dell’esercito cubano, in quanto due navi piene di rifornimenti, di apparecchiature per le comunicazioni, armi, cibo e carburante, vennero affondate dall’aviazione di Castro. A quel punto i ribelli, che non avevano equipaggiamento né vettovaglie, si trovarono privi di una struttura logistica all’interno della giungla, dove gli uomini di Castro erano abituati a muoversi senza difficoltà. Il 18 aprile 1961 la situazione per gli esuli nella Baia dei Porci risultò drammatica. Fu ordinata la ritirata. Dei 1453 combattenti iniziali, 1189 furono catturati e 238 morirono durante le operazioni di cattura e guerriglia con l’esercito cubano. Solo 26 esuli furono salvati dagli americani e riportati negli Stati Uniti.

Fu un trionfo della politica estera cubana, che vide crescere l’appoggio dell’Unione Sovietica e dei suoi Stati satelliti. La rivoluzione cubana cominciò ad esser mitizzata in lungo e in largo. Tutto questo accadde mentre l’amministrazione Kennedy cominciava a ricevere molte critiche. Il presidente riuscì tuttavia a gestire bene la crisi di immagine e ne uscì addirittura rafforzato. Allen Dulles e il suo vice Charles Cabell vennero silurati.

Questi i costi dell’operazione:
Eisenhower approvò una spesa iniziale di 4.400.000 dollari (nel 1959) che comprendeva 950.000 dollari per l’azione politica, 1.700.000 dollari per la propaganda, 1.500.000 dollari per le forze paramilitari e 250.000 dollari per lo spionaggio. Un anno dopo, alla realtà dei fatti il costo della guerra per i contribuenti statunitensi fu di più di 46 milioni di dollari, più 53 milioni di dollari di risarcimento a guerra finita.

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