Fidel Castro dichiara guerra a Fulgencio Batista

5 aprile 1956 – Fidel Castro dichiara guerra a Fulgencio Batista

Centrale rispetto alla Rivoluzione Cubana (per Rivoluzione Cubana intendiamo il rovesciamento del dittatore cubano Fulgencio Batista da parte del Movimento del 26 di luglio, spesso abbreviato in “M 26-7” che comportò l’ascesa al potere di Fidel Castro), com’è noto, fu la figura di Ernesto Guevara (Rosario, 14 giugno 1928 – La Higuera, 9 ottobre 1967).

Il “Che” fu il primogenito di cinque figli. Il padre era un imprenditore argentino di origini basche e irlandesi, mentre la madre apparteneva a una ricca famiglia di origini spagnole. Sin da piccolo si appassionò alla lettura. Quando incontrò la figura di Gandhi, pur restandone affascinato, non condivise l’idea che si potesse compiere una rivoluzione senza ricorrere alla violenza, perlomeno nel caso specifico dell’America Latina. Nacque presto in lui la convinzione che solo una cruda lotta armata avrebbe potuto abbattere i regimi autoritari che dominavano il continente sudamericano. Sin da subito si convinse del fatto che, in America Latina, c’era un solo popolo: i confini erano solo disegni sulle carte geografiche.

Nel 1951 decise di prendersi un anno sabbatico dagli studi di medicina e, con il suo amico Alberto Granado, percorse l’America Latina su una moto (Norton 500 cc). In quell’occasione si convinse ancor di più della necessità di dar vita a una rivoluzione capace di riscattare le miserabili condizioni in cui versava buona parte della popolazione del Sud America. Deciso più che mai a intervenire direttamente, terminò in fretta gli studi, laureandosi nel 1953. Subito dopo partì per raggiungere l’America Latina. In Guatemala incontrò la socialista Hilda Gadea, che diverrà la sua prima moglie. Hilda apparteneva all’Apra (“Alianza Popular Revolucionaria Americana”), un movimento politico guidato da un rivoluzionario peruviano che avversava tanto l’imperialismo americano quanto il totalitarismo sovietico. L’incontro che gli cambiò la vita, tuttavia, fu quello con Fidel Castro (Birán, 13 agosto 1926 – L’Avana, 25 novembre 2016). Si convinse immediatamente che quello fosse l’uomo giusto per la sua rivoluzione.

Il 26 luglio 1953 un commando militare guidato da Fidel Castro attaccò la Caserma Moncada, simbolo di Cuba, dando inizio di fatto alla Rivoluzione Cubana. Nonostante l’azione non ebbe esito positivo, il Movimento che ne derivò, e che prese il nome proprio da quella data (“Movimento 26 de Julio”), fu capace di abbattere la dittatura di Fulgencio Batista, sostenuta dagli Stati Uniti. All’inizio Guevara venne aggregato all’esercito irregolare di Castro come medico. Risultò tuttavia essere il migliore del corso d’addestramento militare, e così, da quel momento in poi, fu considerato un guerrigliero a tutti gli effetti. Il suo ardore rivoluzionario era talmente incontenibile che gli venne affidata in breve tempo la guida di una squadra in una delle battaglie decisive combattute a Santa Clara. Quella vittoria, unitamente alle altre ottenute dai “barbudos” di Castro (così chiamati per le barbe incolte, caratteristica distintiva dei militari rivoluzionari), spinse la maggior parte degli ufficiali dell’esercito cubano ad arrendersi. Fulgencio Batista dovette fuggire nella Repubblica Dominicana.

Il 2 gennaio 1959 il “Che” entrò da trionfatore a L’Avana, occupando la fortezza militare “La Cabaña”, simbolo del potere nell’isola sin dai tempi della dominazione spagnola. I sei mesi successivi furono segnati dalle epurazioni, dai processi farsa e dalle esecuzioni sommarie cui Guevara avrebbe sovrinteso personalmente. Venne istituita la “Comision Depuradora”, un organismo che aveva per l’appunto l’ingrato compito di depurare per quanto possibile le forze armate di Cuba, anche se l’intento reale era quello di instaurare il terrore rivoluzionario nell’isola.

Guevara era disposto a tutto pur di dar seguito ai propri ideali. “Cuba”, disse in un’intervista, “è l’esempio tremendo di un popolo disposto all’auto sacrificio nucleare, perché le sue ceneri possano servire da fondamento per una nuova società”. Ed effettivamente , con l’installazione dei missili sovietici sul suolo di Cuba, il mondo fu portato alle soglie della Terza guerra mondiale. Il 12 dicembre 1964, nel celebre discorso tenuto davanti all’assemblea dell’Onu, all’accusa delle esecuzioni sommarie di cui si era macchiato il regime di Castro, il Che rispose:”Fucilazioni? Certo! Noi abbiamo fucilato, fuciliamo, e continueremo a fucilare finché sarà necessario. La nostra lotta è fino alla morte!”. Una vittoria di qualsiasi nazione contro l’imperialismo, anche se piccola, era per il “Che” una sua vittoria.

Nel 1965 Fidel Castro rese pubblica una lettera con cui il comandante Guevara dichiarava la sua intenzione di esportare la rivoluzione al di fuori dei confini cubani. Dopo sette mesi di permanenza nel continente africano, fallito miseramente il tentativo di agire in Congo, Guevara abbandonò il terreno di lotta . Il “Che” non se la sentì di rientrare a Cuba, e visse clandestinamente in Tanzania, nella Repubblica Ceca e nella Germania dell’Est. Riapparve nel marzo del 1967, quando il presidente boliviano René Barrientos Ortuño (Tarata, 30 maggio 1919 – Arque, 27 aprile 1969) ebbe le prove che il rivoluzionario argentino si trovava sul suo territorio.

Il “Che” era entrato in Bolivia con cinquanta uomini, appartenenti all’ELN (Ejército de Liberacìon Nacional de Bolivia). Gli scontri furono duri. I soldati boliviani raccontarono che Guevara si prodigò nel fornire cure mediche anche ai nemici catturati e, proprio per questo, dei dubbi legittimi sorgono rispetto alla veridicità delle accuse rivolte al “Che” relativamente al periodo de “La Cabaña”. La caccia a Guevara in Bolivia fu guidata da Félix Rodríguez, un agente della CIA già infiltratosi a Cuba in occasione dell’invasione fallimentare della Baia dei Porci del 1961 da parte degli americani per rovesciare Castro. L’imboscata che avrebbe determinato la fine del “Che” avvenne a pochi chilometri dal villaggio di La Higuera.

A incaricarsi dell’esecuzione fu Mario Terán, militare boliviano. I primi colpi arrivarono alle braccia e alle gambe di Guevara; questi poi ricevette una seconda scarica di proiettili. Erano le 13,15 del 9 ottobre 1967. All’età di 39 anni moriva il comandante Ernesto Guevara.

Precedente Il bombardamento di Varese Successivo L'invasione italiana dell'Albania