30 Novembre 1939: la Guerra d’Inverno

30 Novembre 1939. Inizia la Guerra d’Inverno: le truppe sovietiche invadono la Finlandia.

“[…]così è cominciata questa guerra, la cui eventualità cinque giorni or sono ci sembrava per sempre scartata. Coltine di sorpresa, questi finnici dai riflessi lenti, vi reagiscono con ammirevole freddezza. Qualunque possa essere la sorte di questo popolo di 3 milioni e mezzo di uomini impegnato in lotta contro un colosso di 180, non possiamo che guardarlo con ammirazione…. l’evacuazione è stata dichiarata obbligatoria per vecchi e bambini …una interminabile filastrocca di popolo in marcia a piedi. Uno spettacolo triste, scorante ma interpretato da personaggi che parevano al di sopra della mischia, chiusi in una maschera di indifferenza”.
(Indro Montanelli, inviato in Finlandia del Corriere della Sera)

L’allora governo sovietico non aveva minimamente pianificato questa guerra. L’URSS aveva difatti proposto uno scambio, solamente da formalizzare, per ottenere alcuni territori necessari per garantire la sicurezza di Leningrado in previsione della grande guerra che stava per scoppiare. L’insediamento del potere sovietico in Finlandia sarebbe dovuto essere pacifico, senza alcuno spargimento di sangue.

Pochi giorni prima, gli Stati baltici avevano lasciato entrare volontariamente le truppe sovietiche nel proprio territorio. Con i Finlandesi, invece, le cose non andarono così. Questi si rifiutarono di sottostare alle condizioni proposte dai sovietici. Ciò portò alla guerra tra un piccolo Paese, che contava una popolazione di alcuni milioni di abitanti, e una potenza mondiale.

Obiettivi sovietici
L’oggetto in questione, come detto, era la cessione di alcuni territori chiave situati al confine e richiesti intensamente da Stalin, come anche dal suo ministro degli Esteri Molotov. L’Unione Sovietica chiedeva alla Finlandia di privarsi di parte della Carelia e dei bacini minerari intorno al porto artico di Murmansk. Il perché di tali richieste va ricercato nel timore sovietico di vedere Leningrado, città simbolo del regime, troppo a ridosso del confine e quindi, in caso di attacco tedesco, la Finlandia sarebbe diventata molto probabilmente una testa di ponte, e ciò avrebbe messo la città sotto scacco.

Stalin si faceva inoltre forte del patto Molotov-Ribbentrop, firmato il 23 agosto fra Germania e URSS, che, tra le clausole segrete, spartiva parte degli Stati dell’Est Europa, sorti dopo il 1919, tra le due potenze. Hitler aveva infatti dato carta bianca ai Sovietici su gran parte degli ex-territori dell’Impero Russo: Polonia orientale, Paesi Baltici e la Finlandia.

Verso la fine di Ottobre il clima si fece teso. La delegazione finlandese, con a capo il diplomatico Juho Kusti Paasiikivi, partì alla volta di Mosca per trattare i cosiddetti “termini della resa”. Di questo fatto erano tutti certi: gli Occidentali, i Sovietici, il Regime fascista. La logica dei numeri era inattaccabile: i sovietici, forti dei loro impressionanti numeri, erano potenzialmente in grado di cancellare la Finlandia, con i suoi esigui uomini a difesa dei confini contesi. Non vi poteva essere resistenza.

Ma ci fu il colpo di scena. Eljas Erkko, ministro degli Esteri finlandese, rigettò ogni richiesta di aggiustamento territoriale proposta dall’Unione Sovietica. Al termine di tale incontro, Molotov disse: “Noi civili non abbiamo alcun ulteriore ruolo nella questione; ora tocca ai militari dire la loro”. E così fu. Il 30 Novembre 1939 l’URSS diede il via alla mobilitazione dell’imponente Armata Rossa verso i confini finlandesi, dando il via alla Guerra d’Inverno. Il giorno seguente l’Unione Sovietica venne espulsa dalla Società delle Nazioni, poiché aveva aggredito un paese membro. I numeri a confronto erano impietosi: dai 130mila più altri 230mila soldati finlandesi mobilitati al quasi milione dell’Armata Rossa. In più i sovietici potevano contare su circa 2500 carri e 2700 aerei.

Le forze sovietiche invasero dunque la Finlandia, ma il piano russo di una guerra lampo, sullo stile della Blitzkrieg tedesca, fallì miseramente davanti alla strenua difesa attuata dalle forze finlandesi. Seppur inferiori in numero e mal equipaggiati, i Finlandesi mostrarono eccezionale coraggio e attuarono la strategia militare della guerriglia per tentare di ovviare all’evidente disparità di forze presenti sul campo di battaglia.

L’inverno del 1939-40 fu molto rigido, con temperature che raggiunsero anche i meno 40 gradi. Le truppe finlandesi furono eccezionali nel trasformare il freddo, le lunghe ore di buio, la foresta e la quasi assenza di vie percorribili in elementi da sfruttare a proprio vantaggio. Vestiti completamente di bianco ed equipaggiati con sci da fondo, i soldati finlandesi riuscivano a muoversi molto agilmente e furono spesso anche nella condizione di passare al contrattacco in alcune zone della Finlandia centrale.

Gli Alti comandi sovietici decisero di concentrare un numero maggiore di soldati in un numero minore di divisioni per sfondare la resistenza finlandese, sfruttando maggiormente la forza d’urto. A quel punto, la Finlandia avrebbe seriamente rischiato di subire un’invasione sovietica su tutto il suo territorio. Anche i Russi, dal canto loro, erano però stremati da una guerra imprevista, che si dimostrò più lunga e dispendiosa di quanto pianificato, oltre ad essere occupati su altri fronti per gli sviluppi della Seconda guerra mondiale.

Dal mare si inserì attivamente nelle azioni di guerra la Flotta del Baltico. L’aviazione sovietica intensificò gli attacchi aerei alle città finlandesi. Helsinki fu bombardata a intervalli regolari. Nel febbraio 1940 l’Armata Rossa iniziò la sua controffensiva nell’Istmo di Carelia, utilizzando l’artiglieria con tutta la sua potenza di fuoco. L’assalto frontale non ebbe tuttavia successo. A quel punto ebbe inizio l’attacco da Est. Le truppe finlandesi subirono enormi perdite durante il fuoco preliminare dell’artiglieria, e non furono in grado di difendere la linea del fronte.

Nella seconda metà di Febbraio le truppe finlandesi cominciarono la ritirata verso la seconda linea della difesa. L’Armata Rossa avanzò dal fianco e dalle retrovie verso il nucleo che difendeva l’accesso a Vyborg. Per evitare di essere accerchiati, i finlandesi abbandonarono il settore fortificato di Summa-Hotinen. Il 21 Febbraio i reparti sovietici raggiunsero la seconda linea della difesa finlandese, al centro della quale si trovava la città di Vyborg.
Contemporaneamente, da Est, fecero irruzione i carri armati sovietici, che cominciarono ad aggirare la linea della difesa dei nemici, minacciando di accerchiarli dalle retrovie. Rendendosi conto della situazione disperata, il comando finlandese decise la ritirata generale. Il 13 Marzo l’Armata Rossa entrò a Vyborg.

Le potenze occidentali, sul cui aiuto la Finlandia contava, non si affrettarono a soccorrerla. Alla battaglia partecipò soltanto un corpo di diecimila volontari svedesi. Dopo la presa di Vyborg, l’esercito finlandese non fu più in grado di contenere con le proprie, sole forze l’avanzata delle truppe sovietiche. Se i carri armati sovietici avessero continuato ad avanzare con gli stessi ritmi, avrebbero potuto raggiungere Helsinki nel giro di pochi giorni, e a quel punto l’occupazione dell’intero Paese e l’instaurazione di un governo filo-sovietico sarebbero state solo questione di tempo.

In questa situazione la Finlandia propose di avviare delle trattative. Il 12 Marzo 1940 fu concluso l’accordo di pace che concluse la Guerra d’Inverno. Perdendo l’undici per cento del loro territorio e al prezzo di enormi perdite, i Finlandesi riuscirono tuttavia a dimostrare il loro diritto all’indipendenza.

La Guerra d’Inverno fu la rampa di lancio per la straordinaria carriera giornalistica di Indro Montanelli. Montanelli arrivò ad Helsinki nell’autunno del 1939 e lavorò come corrispondente di guerra. Il coraggio e l’incredibile resistenza del popolo finlandese affascinarono il giovane Montanelli, e le sue corrispondenze ebbero allora un gran successo in Italia.

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