Battaglia di Mosca: il giorno della svolta

5 Dicembre 1941. Seconda guerra mondiale: nella Battaglia di Mosca, il generale sovietico Georgy Zhukov (Žukov, 1º dicembre 1896 – Mosca, 18 giugno 1974) lancia un imponente contrattacco contro i Tedeschi, portando alla nascita di una delle più grandi offensive di tutto il conflitto.

La Battaglia di Mosca (Fronte Orientale) fu combattuta tra l’autunno del 1941 e l’inverno del 1942, e vide contrapposta la Germania all’Unione Sovietica. Costituì l’unico tentativo della Wehrmacht (Forze armate tedesche) di conquistare e occupare la capitale sovietica. L’offensiva tedesca venne dapprima bloccata alle porte di Mosca e, successivamente, le truppe vennero costrette a indietreggiare. La mancata conquista di Mosca precluse la realizzazione del piano strategico dell’Alto comando tedesco che, nel quadro della stesura dell’Operazione Barbarossa, prevedeva la conquista della capitale prima del sopraggiungere dell’inverno e costituì, insieme alla sconfitta nella Battaglia d’Inghilterra, il secondo significativo punto di svolta nel conflitto a sfavore dei Tedeschi.

La Seconda guerra mondiale, com’è noto, iniziò con la travolgente avanzata dell’Esercito Tedesco in Polonia, nel Settembre 1939. A questa seguirono vittorie fondamentali, nel Benelux e in Francia. Nell’estate del 1940 la Germania sembrava essere invincibile, destinata a conquistare l’intero continente europeo. Cinque anni più tardi, però, sperimentò l’umiliazione della disfatta. Il 20 Aprile 1945 Hitler si suicidò a Berlino, proprio nel momento in cui l’Armata Rossa entrava trionfante nella città. L’8 e il 9 Maggio i Tedeschi si arresero incondizionatamente.

Ma quali furono i punti di svolta che mutarono così radicalmente l’esito del conflitto? In Normandia, nel 1944, secondo alcuni; a Stalingrado, durante l’inverno del 1942-43, secondo altri. In realtà, la marea s’invertì nel Dicembre 1941, in Unione Sovietica, più specificamente nella pianura poco a occidente di Mosca. Uno storico tedesco, esperto della guerra contro l’Unione Sovietica, ha affermato: “La vittoria dell’Armata Rossa fu indiscutibilmente la più importante svolta di tutta la guerra mondiale.”

La guerra contro l’Unione Sovietica era quella che Hitler aveva voluto fin dall’inizio, come aveva apertamente affermato nel Mein Kampf, scritto alla metà degli Anni Venti. La Ostkrieg, la guerra all’Est ai Sovietici, era anche l’oggetto del desiderio di diversi generali tedeschi, dei più importanti industriali e di altri “pilastri” dell’establishment germanico. Attaccare e distruggere l’Unione Sovietica quanto prima possibile: questo voleva Hitler. Si comprende dunque il perché, subito dopo la sconfitta della Francia (estate 1940), Hitler predispose l’offensiva. Un ordine formale per la preparazione dei piani per l’attacco, il cui nome in codice era Operazione Barbarossa, venne dato alcuni mesi dopo, il 18 dicembre 1940.

Il Blitzkrieg contro l’Unione Sovietica prometteva di rifornire la Germania con risorse virtualmente illimitate, provenienti da quell’immenso Paese. Forte di tutte quelle risorse, sarebbe stato facile per Hitler fare i conti con l’Inghilterra, partendo, per esempio, dalla conquista di Gibilterra. La Germania sarebbe divenuta il vero potere mondiale, invulnerabile nella sua fortezza europea che si sarebbe estesa dall’Atlantico agli Urali, avrebbe posseduto risorse illimitate e sarebbe stata di conseguenza capace di vincere qualsiasi tipo di conflitto. Erroneamente, Hitler e i suoi generali erano fiduciosi che la guerra lampo che si preparavano a scatenare contro l’Unione Sovietica avrebbe avuto lo stesso successo delle precedenti contro Polonia e Francia. Anche a Washington e a Londra gli esperti militari pensavano che l’Unione Sovietica non sarebbe stata in grado di opporre una significativa resistenza alla macchina da guerra tedesca, alla quale i successi del 1939-40 avevano conferito una reputazione d’invincibilità.

L’attacco tedesco partì il 22 giugno 1941. Tre milioni di soldati tedeschi e quasi 700.000 di alleati della Germania attraversarono il confine. Il loro equipaggiamento consisteva in 600.000 veicoli motorizzati, 3.648 carri armati, più di 2.700 aerei e oltre 7.000 pezzi d’artiglieria. All’inizio tutto sembrò procedere secondo i piani. Centinaia di migliaia di soldati dell’Armata Rossa vennero uccisi, feriti o fatti prigionieri grazie a un numero incredibile di “battaglie d’accerchiamento” (Kesselschlachten). Dopo una di queste battaglie, combattuta nei pressi di Smolensk verso la fine di luglio, la strada verso Mosca sembrava aperta. Dopo non molto, tuttavia, divenne chiaro che il Blitzkrieg nell’Est non sarebbe stato una passeggiata. L’Armata Rossa, pur avendo subito delle prevedibili sconfitte, aveva opposto una dura resistenza e colpito alle spalle in più di un’occasione.

Sembrava che i Sovietici avessero accuratamente osservato e analizzato i successi dei Blitzkrieg tedeschi del 1939 e del 1940, e di conseguenza appreso utili lezioni. Dovevano aver considerato che nel 1940 i francesi avevano ammassato le loro forze vicino al confine con la Germania e il Belgio, rendendo possibile il loro accerchiamento da parte della macchina bellica tedesca. Il grosso dell’Armata Rossa venne così tenuto nelle retrovie, evitando di essere preso in trappola. Fu questa “difesa in profondità” che frustò l’ambizione tedesca di distruggere l’Armata Rossa in un colpo solo. Il maresciallo Zhukov avrebbe scritto nelle sue memorie che “l’Unione Sovietica sarebbe stata sconfitta nel caso avessimo organizzato tutte le nostre forze nei pressi dei confini”.

Questa fu la chiave di volta. Per la metà di luglio, mentre la guerra di Hitler ad Est iniziava a perdere la sua caratteristica principale (la rapida conclusione), alcuni alti dirigenti tedeschi iniziarono a esprimere grande preoccupazione. I rifornimenti disponibili di carburante, gomme, ricambi e altri beni essenziali erano stati calcolati per due soli mesi. Questo perché ci si attendeva che nel giro di all’incirca sessanta giorni l’Unione Sovietica sarebbe stata messa in ginocchio, e le sue immense risorse sarebbero state disponibili per i Tedeschi. Per la fine di agosto, tuttavia, questi non erano in alcun modo vicini alle regioni dell’Unione Sovietica ove il petrolio, la più preziosa di tutte le materie prime, doveva essere preso.

In Settembre comunque le truppe tedesche conquistarono Kiev, facendo 650.000 prigionieri, mentre più a Nord continuavano a proseguire in direzione di Mosca. Il vento sembrava stesse cambiando. Hitler credette che per i Sovietici ormai la fine fosse vicina. In un pubblico discorso allo Sportpalast di Berlino dichiarò che la guerra ad Oriente era virtualmente conclusa. Alla Wehrmacht venne ordinato di assestare il colpo di grazia lanciando l’Operazione Tifone, un’offensiva che aveva come obiettivo la definitiva presa di Mosca. Ma i Tedeschi non godevano più della superiorità aerea, in particolare nella zona di Mosca. Inoltre, il freddo in Unione Sovietica si stava facendo insostenibile. L’Alto Comando Tedesco, fiducioso che il Blitzkrieg in zona Est si sarebbe concluso per la fine dell’estate, aveva mancato di fornire alle sue truppe l’equipaggiamento necessario a combattere sotto la pioggia, nel fango, con la neve e nelle fredde temperature dell’autunno e dell’inverno russo.

La Wehrmacht continuò comunque ad avanzare, e a metà Novembre alcune unità si trovarono a soli trenta chilometri dalla capitale. Le truppe erano però ormai completamente esauste, e a corto di rifornimenti. I loro comandanti ormai sapevano che sarebbe stato impossibile conquistare Mosca. Il 3 Dicembre 1941 un certo numero di unità abbandonò l’offensiva di propria iniziativa. Nel giro di pochi giorni, tuttavia, l’intera armata tedesca di fronte a Mosca venne costretta sulla difensiva. Il 5 Dicembre ci fu l’evento decisivo. Alle tre del mattino, in condizioni atmosferiche di neve e freddo intenso, l’Armata Rossa lanciò un improvviso contrattacco ben preparato e di grande peso. Le linee della Wehrmacht vennero sfondate in diverse posizioni, e i Tedeschi vennero respinti, con pesanti perdite di uomini e materiali. L’8 Dicembre Hitler ordinò al suo esercito di abbandonare l’offensiva e di attestarsi su posizioni difensive. Rifiutò tuttavia di arretrare ulteriormente, come suggerito da qualche suo generale, e propose di attaccare nuovamente nella successiva primavera.

Così terminò il Blitzkrieg di Hitler contro l’Unione Sovietica. Una tale vittoria avrebbe fruttato alla Germania abbastanza petrolio e altre risorse da renderla una potenza mondiale virtualmente invulnerabile. Presumibilmente, se ciò si fosse verificato, Hitler sarebbe stato in grado di assestare il colpo finale all’Inghilterra. Hitler e i suoi generali sapevano sin dall’inizio che, per vincere la guerra che avevano scatenato, avrebbero dovuto agire rapidamente. Il 5 Dicembre 1941, tuttavia, apparve chiaro a ciascuno dei presenti nel quartier generale di Hitler che non fosse possibile un Blitzkrieg contro l’Unione Sovietica, e che qualsiasi pretenziosa illusione di poter vincere la guerra rapidamente avesse subito un duro colpo. La Seconda guerra mondiale mutò dunque direzione il 5 dicembre 1941.

Quando l’Armata Rossa lanciò quell’imponente controffensiva, Hitler stesso forse comprese che avrebbe perduto la guerra. Tuttavia, le cattive notizie provenienti dal fronte vicino a Mosca vennero presentate al pubblico come una battuta d’arresto temporanea, imputabile a un supposto inaspettato precoce arrivo dell’inverno e/o all’incompetenza o vigliaccheria di certi comandanti. Fu solo un buon anno dopo, dopo la catastrofica sconfitta nella Battaglia di Stalingrado, durante l’inverno 1942-43, che l’opinione pubblica tedesca, e il mondo intero, avrebbe capito che la Germania era condannata alla sconfitta.

Diversi storici ritengono a ragion veduta che nel Dicembre del 1941, vi sia stato il punto di svolta della guerra. La controffensiva sovietica distrusse la reputazione d’invincibilità che era stata abilmente costruita intorno alla Wehrmacht. La Battaglia di Mosca assicurò inoltre che il grosso delle forze armate tedesche sarebbero state impegnate sul Fronte Orientale per un periodo indefinito di tempo e ciò avrebbe, se non altro, escluso la possibilità di altre operazioni tedesche, per esempio, contro Gibilterra, e così fornito un formidabile aiuto agli inglesi. Fu di fronte a Mosca, nel Dicembre del 1941, che la marea della guerra invertì il suo corso, perché fu allora che il Blitzkrieg fallì e che la Germania venne di conseguenza costretta a combattere, senza adeguate risorse, il tipo di guerra prolungata che Hitler e i suoi generali sapevano che non avrebbero mai potuto vincere.

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