L’esercito industriale di riserva dei disoccupati

Nello schema marxiano la dimensione dell’esercito industriale di riserva dei disoccupati, così come il livello dei profitti e dei salari, varia a seconda del ciclo economico in essere. Durante periodi di espansione dell’attività economica e di accumulazione del capitale i salari aumentano e l’esercito di riserva, logicamente, si riduce; tuttavia la crescita dei salari porta alla luna ad una riduzione del profitto, cosa a cui i capitalisti reagiscono sostituendo lavoratori impiegati con delle macchine. La disoccupazione generata da questa sostituzione tra capitale e lavoro abbassa nuovamente i salari e ripristina di conseguenza i profitti.

Il presupposto da cui Marx parte nell’effettuare un’analisi di questo tipo, e cioè che nel lungo periodo vi sia una disoccupazione tecnologica persistente, equivale a respingere la legge di Say (in economia la legge di Say, detta anche legge degli sbocchi, fu enunciata dall’economista francese Jean-Baptiste Say e riguarda il fenomeno delle crisi economiche; egli sosteneva in tale legge che in regime di libero scambio non sono possibili le crisi prolungate, poiché l’offerta crea la domanda) e quindi la sua previsione di pieno impiego delle risorse presenti nel sistema. Ricardo, invece, sosteneva che la disoccupazione tecnologica, così come qualsiasi altro tipo di disoccupazione diversa da quella frizionale, non aveva alcuna possibilità di perpetuarsi nel lungo periodo date le ipotesi sottostanti il modello classico. L’esercito industriale di riserva così come proposto da Marx implica l’esistenza di un eccesso di offerta di lavoro, e dunque di ostacoli al raggiungimento di un equilibrio di mercato, anche nel lungo periodo: ma, potrebbe obiettare facilmente un teorico ortodosso, se esiste un mercato concorrenziale e se la quantità offerta supera quella domandata, il criterio economico che informa il meccanismo di mercato farà sì che i salari diminuiscano fino a che le due quantità coincidano e il mercato si trovi in equilibrio. Dato che lo stesso Marx assume che il mercato sia perfettamente concorrenziale, la logica stessa del suo sistema invalida il caso di disoccupazione tecnologica persistente.

I marxisti, in tal senso, sono pronti ad ammettere la correttezza teorica dell’analisi ortodossa se si accetta l’impianto statico che le è caratteristico, ma affermano che un’analisi dinamica del mercato del lavoro non escluderebbe la possibilità di un disequilibrio permanente. Ma, a ben guardare, la questione è resa irrimediabilmente irrisolvibile dal fatto che il modello marxiano assume mercati perfettamente concorrenziali, mentre nei sistemi economici moderni prevalgono imprese oligopolistiche e sindacati dei lavoratori dotati di un certo potere contrattuale. L’osservazione e l’analisi empirica, quindi, non potrebbero mai risolvere la questione di fondo dell’esistenza o meno e del ruolo svolto dall’esercito industriale di riserva dei disoccupati.

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