Guerra d’Etiopia: la chiamata alle armi

2 Ottobre 1935. La Guerra d’Etiopia: la chiamata alle armi.

Roma, 2 ottobre 1935: un’adunata generale delle forze del regime è convocata per ascoltare il discorso che Mussolini pronuncia affacciato al balcone di Piazza Venezia, trasmesso per radio in tutta Italia. Ore 15,30: il Duce annuncia l’inizio delle ostilità con l’Etiopia per il giorno seguente.

Nei primi anni Trenta, le speranze di pace che si erano accese durante il decennio precedente con il Patto di Locarno (dove venne garantita la sicurezza e il disarmo del confine renano) e con l’ingresso della Germania nella Società delle Nazioni, cominciarono a vacillare.

Mentre in Estremo Oriente l’attacco giapponese alla Manciuria poneva in seria crisi gli equilibri raggiunti in quella parte del mondo, in Germania l’avvento dei nazisti al potere e le dichiarazioni di Hitler sulla missione dominatrice del popolo tedesco ponevano dubbi sul lavoro compiuto dalla diplomazia negli anni del dopoguerra.

Mussolini, tra il 1933 e il 1934, vedendosi scavalcato nella sua politica revisionista (aspirazione alla leadership dei popoli vinti e insoddisfatti, inclini, come la Germania, l’Austria, l’Ungheria, a regimi di tipo fascista) da Hitler, si rassegnò a collaborare con le diplomazie occidentali impegnate a garantire gli equilibri di Versailles. Negli incontri tenuti a Roma con Pierre Laval, personalità chiave di molti dei governi francesi del periodo, si giunse a prevedere la possibilità di un intervento militare congiunto franco-italiano nel caso di nuovi attacchi all’indipendenza dell’Austria.

Fu proprio in tale contesto storico che Mussolini, confidando nel tacito avallo della Francia e della Gran Bretagna a un’impresa coloniale italiana, decise di incrementare gli stanziamenti militari in previsione dell’aggressione all’Etiopia.

Da tempo Mussolini aveva rivolto le sue mire su questo arcaico impero semifeudale, l’ultimo grande Paese dell’Africa rimasto indipendente. Essenziali furono in tal senso le motivazioni politiche, ovvero i progetti di prestigio, di potenza e di grandezza dominanti nel pensiero di Mussolini. Con altrettanta forza influirono sulla decisione del duce le riflessioni sulla politica internazionale: se l’Italia voleva espandersi in Africa, quello era il momento giusto, dato che la Germania non era ancora abbastanza forte per opporsi adeguatamente al progetto italiano; Mussolini credeva inoltre che la Francia e l’Inghilterra avrebbero sostenuto, o quantomeno accettato, la sua iniziativa.

Nonostante già si avvertissero i segni dell’imminente fine del colonialismo, l’opinione pubblica italiana, sollecitata da una ben orchestrata propaganda, si assuefece all’idea d’una guerra di conquista presentata come rifondazione dell’Impero Romano. Scattò nei più la spinta del patriottismo, l’esigenza di porre la patria al di sopra di tutto. In quell’occasione si allinearono con la maggioranza del Paese anche illustri esponenti dell’antifascismo. I ceti industriali, inizialmente avversi, si rivelarono poi pronti a trarre vantaggi dall’impresa.

Ragioni di prestigio spinsero il duce a rifiutare le soluzioni di compromesso avanzate dalla diplomazia franco-inglese nelle consultazioni che precedettero il conflitto. Il 2 ottobre 1935 ci fu il celebre discorso. Alcuni incidenti di confine offrirono il pretesto, il 3 ottobre 1935, all’inizio delle operazioni militari. Da nord, dalle basi dell’Eritrea, mosse il generale Emilio De Bono, uno dei “quadrumviri” della Marcia su Roma, sostituito poche settimane dopo dal generale Pietro Badoglio; da sud, dalla Somalia, avanzò il maresciallo Rodolfo Graziani.

Le operazioni militari non presentarono gravi difficoltà grazie alla sproporzione dei mezzi bellici.

Sette mesi dopo l’attacco, il 6 maggio 1936, il generale Badoglio entrò in Addis Abeba alla testa delle sue truppe. Il 9 maggio, con uno storico messaggio agli Italiani, Mussolini annunciò la “rinascita dell’Impero sui colli fatali di Roma”, ovvero la fondazione dell’Impero dell’Africa Orientale Italiana, che includeva le antiche colonie d’Eritrea e di Somalia. Vittorio Emanuele III aggiunse al titolo di re d’Italia quello di imperatore d’Etiopia.

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