WWII: l’atomica era davvero necessaria?

Il punto di vista dello storico, militare e giornalista britannico Sir Basil Henry Liddell Hart (Parigi, 31 ottobre 1895 – Londra, 29 gennaio 1970) sull’impiego dell’atomica contro il Giappone.

Era necessario, militarmente, impiegare la bomba atomica? Era quello l’unico mezzo realmente a disposizione per costringere i Giapponesi alla resa? A giudizio dello storico inglese Basil Liddell Hart, autore tra gli altri del saggio “History of the Second World War”, nella primavera del 1945, con la riconquista delle Marianne, delle Filippine, di Formosa, di Okinawa, il conflitto era virtualmente già concluso. I campi di aviazione distavano meno di 640 km dal Giappone, e già imponenti colpi erano stati inferti alla resistenza avversaria.

“Il 9 marzo 1945, in un solo attacco notturno, oltre 1600 tonnellate di bombe incendiarie furono sganciate sulla capitale […] e 185000 persone furono uccise o ferite. Alla fine di maggio, 3 milioni di abitanti, a Tokyo, erano rimasti senza casa e in agosto i senzatetto delle 66 città che avevano subito i bombardamenti erano oltre 9 milioni”. Erano dunque già superati gli effetti che si credeva di ottenere dallo sganciamento della nuova arma.

Quale fu dunque il movente che spinse militari e politici statunitensi a procedere all’impiego della bomba atomica?

Lo storico avanza due ragioni, non escludenti tra loro. Liddell Hart ritiene che la decisione sia stata originata o dal timore di dover ammettere l’Unione Sovietica alla spartizione del Giappone, tanto aveva chiesto Stalin alla Conferenza di Potsdam, o che, più verosimilmente, siano state determinanti le argomentazioni di quanti avevano lavorato alla costruzione dell’ordigno. Effettuare il lancio rappresentava l’unica via per giustificare le enormi somme di denaro che erano state investite nell’ambizioso progetto: all’incirca due miliardi di dollari. Un’altra spiegazione è degna di considerazione: bisognava dimostrare agli alleati-rivali quale forza nuova e terribile fosse nelle mani degli Americani.

A poco valsero le obiezioni di carattere morale sollevate da alcuni personaggi di spicco, come l’ammiraglio Leahy, il quale sosteneva che, impiegando la bomba atomica, gli Stati Uniti avrebbero adottato una norma etica “degna dei barbari dell’alto medioevo”.

Il 6 agosto, com’è noto, fu sganciata la prima bomba su Hiroshima, seguita il 9 da una seconda su Nagasaki. Questi atti diedero il via a una nuova era dal punto di vista del conflitto militare, segnata da una fiorente attività teorica tanto tattica quanto strategica.

Qui di seguito uno stralcio di quanto scritto da Liddell Hart sull’argomento:

“Il 2 settembre, i rappresentanti del Giappone firmarono la resa, a bordo della corazzata statunitense ‘Missouri’, nella baia di Tokyo. La Seconda guerra mondiale era così finita, 6 anni e un giorno dopo che era iniziata con l’attacco di Hitler alla Polonia, e quattro mesi dopo la resa della Germania. Era una fine ufficiale, una cerimonia per suggellare la soddisfazione dei vincitori. Infatti la guerra in realtà era finita il 14 agosto, quando l’Imperatore aveva annunciato la resa del Giappone, nei termini stabiliti dagli Alleati, e i combattimenti erano cessati: una settimana dopo il lancio della prima bomba atomica. Ma anche quel terribile colpo che cancellava dalla terra la città di Hiroshima, per dimostrare la schiacciante potenza della nuova arma, non aveva fatto che anticipare di poco la resa.

Nella primavera del 1945 il Giappone era chiaramente incapace di respingere la duplice controffensiva americana nel Pacifico. A gennaio, le forze di MacArthur avevano completato la conquista dell’isola di Leyte, il loro primo avamposto nelle Filippine, e fatto un altro balzo in avanti sull’isola principale di Luzon. Alla fine di febbraio avevano riconquistato quasi tutta l’isola con la sua capitale, Manila. Più importante della conquista del territorio fu il logoramento dell’aviazione giapponese in questa lotta: le perdite giapponesi furono valutate oltre 9000 aerei. Fu un forte salasso al contingente di caccia disponibile per la difesa del Giappone e fu ancora più importante in quanto le forze alleate, nell’estate del 1944, avevano conquistato le Marianne, rendendo così possibile l’installazione di basi aeree che avrebbero consentito ai bombardieri pesanti incursioni sul Giappone.

La situazione era chiaramente senza via d’uscita, ma i quadri dell’ammiragliato, che erano disposti alla pace, si trovavano alle prese con un problema difficile: l’accettazione della richiesta alleata di una resa incondizionata sarebbe potuta sembrare un tradimento nei confronti delle forze in campo. Ed esse avrebbero anche potuto rifiutarsi di obbedire all’ordine di ‘cessate il fuoco’ se fosse stata richiesta la destituzione dell’Imperatore che, ai loro occhi, non era solo un sovrano, ma anche una divinità. Fu proprio l’Imperatore che risolse la questione. Il 20 giugno convocò un consiglio dei ministri ristretto, insieme al supremo consiglio di guerra, e disse loro: ‘Occupatevi del problema di porre fine alla guerra il più presto possibile’. Alla fine si decise di inviare il principe Konoye (politico giapponese) in missione a Mosca per i negoziati di pace, e l’Imperatore gli dette privatamente istruzioni perché si assicurasse la pace a qualsiasi costo.

Gli Americani vennero a loro volta a conoscenza del desiderio del Giappone di porre fine alla guerra; infatti il loro servizio segreto intercettò e lesse (mediante il codice ‘magic’) i messaggi del ministro degli Esteri giapponese all’ambasciatore giapponese a Mosca. Ma il presidente Truman e la maggior parte dei suoi consiglieri erano tanto desiderosi di usare la bomba atomica, per accelerare il crollo del Giappone, quanto lo era Stalin di entrare in guerra contro il Giappone prima che essa finisse, per assicurarsi una posizione vantaggiosa nell’Estremo Oriente.

Qualcuno aveva però dei dubbi, e in particolare l’ammiraglio Leahy, capo di stato maggiore sotto il presidente Roosevelt e poi anche sotto il presidente Truman, che rifuggiva dall’idea di usare una simile arma contro la popolazione civile […]. Ma gli scienziati che erano a portata d’orecchio degli uomini di Stato avevano maggiore possibilità di farsi ascoltare, e le loro ardenti argomentazioni prevalsero nella decisione, grazie anche all’entusiasmo che aveva suscitato nei politici sulla bomba atomica come mezzo rapido e facile per porre fine alla guerra.

La notizia della bomba atomica su Hiroshima raggiunse il presidente Truman, mentre, via mare, stava ritornando dalla Conferenza di Potsdam. L’effetto sul governo giapponese, comunque, fu molto inferiore a quanto, da parte occidentale, si era immaginato. La dichiarazione di guerra da parte della Russia l’8 agosto e l’immediata penetrazione in Manciuria il giorno seguente, sembra siano stati altrettanto determinanti per la conclusione della guerra, e l’intervento dell’Imperatore lo fu ancora di più. Frattanto il governo annunciò per radio la volontà di arrendersi, previa l’assicurazione che venisse rispettata la sovranità dell’Imperatore: era questo un punto trascurato dalla dichiarazione alleata di Potsdam del 26 luglio; il che non era rassicurante. Dopo qualche discussione, il presidente Truman acconsentì a questa clausola, una notevole modifica della resa incondizionata.

Perché allora fu usata la bomba atomica? La richiesta di Stalin a Potsdam di partecipare alla spartizione del Giappone fu molto imbarazzante, e il governo degli Stati Uniti si preoccupò di evitare tale eventualità. Una seconda ragione fu rivelata dall’ammiraglio Leahy: ‘Gli scienziati ed altri volevano sperimentarla, date le enormi somme di denaro che erano state investite nel progetto: due miliardi di dollari’. Uno dei più alti ufficiali interessati all’operazione atomica, il cui nome in codice era Manhattan District Project, puntualizzò ancora più chiaramente la questione: ‘Era importante che la bomba atomica fosse un successo. Si era speso tanto per costruirla […]. Tutte le persone interessate provarono un sollievo enorme quando la bomba fu finita e sganciata’.

A distanza di anni, comunque, è fin troppo chiaro che il frettoloso lancio della bomba atomica non si rivelò affatto un sollievo per il resto del genere umano”.

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