Tattiche e strategia

Come già affermato in precedenza, Napoleone personifica la rivoluzione militare per diverse motivazioni, come anche l’innovatore della strategia militare per eccellenza.

La divisione dell’esercito in comandi largamente autosufficienti, pur facenti capo ad un controllo centrale rigido e ben riconoscibile, infuse in loro una forte fiducia nello sviluppare rapidi movimenti offensivi, e questa diverrà la loro principale caratteristica. Il risultato di ciò fu lo sviluppo di una mobilità innovativa che rese possibile la concentrazione di una forza superiore sul punto decisivo. “L’arte della guerra è semplice, è tutta questione di esecuzione”, disse Bonaparte. Il concetto chiave sul quale basò le sue direttive era relativo all’essere in battaglia il più forti possibile nel momento decisivo della stessa. La sua lettura della guerra si distinse per esser caratterizzata da un apprezzamento profondo e brutale della realtà. Il pragmatismo fu sua categorica facoltà.

Napoleone non considerò mai la guerra come una misura d’emergenza, una misura di estremo rimedio con cui poter porre riparo ai fallimenti della diplomazia; rappresentò piuttosto l’elemento centrale della sua politica estera. A meno che costretto dalle circostanze, Napoleone non perseguì mai grandi obiettivi politici con inadeguate risorse militari. Il pieno impiego di tutti i mezzi disponibili rappresenta un’altra sua strategia tipica. I grandi obiettivi e le risorse mobilitate per raggiungerli furono sempre bilanciati in maniera esemplare.

Se vogliamo, una sua debolezza fu quella di aver estrema difficoltà nel combattere guerre limitate con mezzi limitati. Nelle sue mani tutti i conflitti tendevano a diventare illimitati, in quanto minacciavano il persistere di un’esistenza indipendente dei suoi avversari.

Altra caratteristica tipica dell’attività di Napoleone fu quella di unire l’autorità militare a quella politica (essere per circa 15 anni sia Capo dello Stato sia Comandante Supremo con nulle restrizioni alla propria azione contribuì alla stretta integrazione di questi due aspetti), eliminando in tal modo la frizione al vertice altrimenti inevitabile. Questo facilitò decisioni veloci e di rapida attuazione. Eccezionale fu la flessibilità con cui accordò la propria diplomazia al mutare della situazione militare.

Fino all’invasione della Russia la vasta portata dell’autorità imperiale gli diede un vantaggio notevole sui suoi avversari, i quali non erano in grado di sviluppare un comando politico-militare capace di reggere il passo. L’isolare politicamente l’avversario fu il punto in cui l’integrazione di diplomazia e violenza fu maggiormente efficace. Continuò a giocare sugli interessi specifici di questo e di quell’alleato per prevenire l’unione sul campo di battaglia delle forze avversarie alleate.

La campagna del 1796 fu quella che lo rese famoso, fulgido esempio delle sue strategie di guerra. Fu caratterizzata da una penetrazione in profondità, all’interno della quale interpose le proprie forze tra quelle sarde ed austriache, anticipandone l’unione. Napoleone credette che il miglior metodo per raggiungere qualsiasi scopo politico fosse quello di ridurre la capacità di resistenza avversaria nella maniera più decisa possibile. Bisognava colpire gli eserciti del nemico più forte. La presa di fortezze, l’occupazione di territori o capitali raramente aveva lo stesso impatto sul potenziale bellico del nemico di quello della sconfitta sul campo. Una severa sconfitta portava alla creazione di una nuova situazione: militarmente a perdite, ritiri, capitolazioni ulteriori, e politicamente avrebbe avuto conseguenze ancor più devastanti.

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Un commento su “Tattiche e strategia

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