Il ruolo delle grandi banche

Enorme fu l’importanza che svolsero gli istituti bancari relativamente al trionfo della rivoluzione industriale. Queste, difatti, esercitarono un fondamentale ruolo di mediazione fra i risparmiatori e le imprese industriali alla ricerca di capitali, non solo nell’ambito dei singoli Stati, ma anche in campo internazionale. Questo ruolo rese le banche, a cominciare dalla metà dell’Ottocento (l’epoca della seconda rivoluzione industriale), le reali protagoniste della storia, il motore della società civile. Ma è fin dall’età della prima rivoluzione industriale che i prestiti a favore degli Stati furono gli affari prediletti dai grandi banchieri dell’epoca. In tal modo l’economia dei paesi indebitatisi cadde progressivamente in mano al capitalismo straniero. Quando mancava la possibilità di investire sul mercato internazionale per mancanza di fondi, v’era sempre la valvola di sicurezza dei finanziamenti alle compagnie ferroviarie: queste richiesero una mole di capitali senza precedenti.

La funzione delle banche in tale contesto è stata perfettamente illustrata da Gino Luzzatto, storico e medievalista italiano, all’interno della sua opera, “Storia economica dell’età moderna e contemporanea”.
Qui segue una pagina del testo:

“L’effetto forse più importante della febbre per le costruzioni ferroviarie fu lo stimolo che ne derivò alla mobilitazione del risparmio per la raccolta di grossi capitali da investire nella nuovissima industria. Non erano mancati nei secoli precedenti gli esempi di imprese che avessero richiesto l’impiego di forti capitali, raccolti nella forma delle società per azioni (tipica associazione dei capitali, un’impresa economica collettiva nella quale le quote di partecipazione dei soci sono rappresentate da azioni). Tali erano state fin dai primi del Seicento le grandi compagnie per le imprese coloniali in Oriente e in Occidente; nel Settecento e nel primo Ottocento le compagnie per lo scavo e la manutenzione e l’esercizio di canali interni. Ma i capitali richiesti per le ferrovie sono di una mole senza precedenti. Dove prima si parlava di 5 o 6 milioni si deve parlare ora di due o tre centinaia di milioni di lire (del tempo) di capitale per una sola compagnia ferroviaria.
Per la raccolta di capitali così ingenti e così insoliti, oltre alla fiducia del pubblico, che dopo il 1840 si è orientata con entusiasmo, talvolta eccessivo, verso la nuova forma di impiego, è necessaria un’opera efficace ed autorevole di mediazione fra i risparmiatori e l’impresa che cerca il capitale. Quest’opera, che oggi è esercitata dalle banche pubbliche, era ancora riservata, nella prima metà del secolo XIX, ai banchieri privati, che hanno avuto appunto in questo periodo una grande fortuna ed han raggiunto una grande potenza […] Gli affari preferiti di questi grandi banchieri furono quelli di collocamento dei prestiti di vari Stati in piazze straniere: collocamenti che essi garantivano fino al raggiungimento di una determinata somma, distribuendola poi fra la loro clientela, oppure – quando questo non fosse possibile – lanciandola al pubblico con una opportuna propaganda.
Ma quando, dopo il 1848, per la mutata situazione politica, molti Stati preferirono ricorrere per questo scopo alle proprie banche pubbliche piuttosto che ai banchieri privati, molti di questi e in particolare i Rothschild dedicarono di preferenza i capitali e il loro prestigio alla costituzione e al finanziamento delle grandi compagnie ferroviarie in vari Stati d’Europa”.

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