Il ruolo dei moderati nella formazione dello Stato unitario

Antonio Gramsci, all’interno del testo “Il Risorgimento”, si pone una serie di domande estremamente interessanti rispetto al ruolo che i moderati hanno svolto nel processo di formazione dello Stato unitario, tentando di dare una risposta chiarificatrice capace di illuminare i lettori rispetto a tale tematica. Qual è il rapporto che i moderati hanno saputo stabilire con le forze politiche concorrenti e avversarie? In che modo hanno raccolto consensi sempre più ampi nella società civile italiana? Tali quesiti hanno ispirato, e tutt’oggi ispirano il dibattito degli storici.

Secondo Gramsci i moderati riuscirono ad affermare progressivamente la loro egemonia intellettuale, morale e politica su larghi strati della società italiana in quanto costituivano un gruppo già “naturalmente condensato per l’organicità dei loro rapporti con i gruppi sociali di cui erano l’espressione”. In che senso? “I moderati erano un’avanguardia reale, organica […] perché essi stessi appartenevano economicamente alle classi alte: erano intellettuali e organizzatori politici, ed insieme capi d’azienda, grandi agricoltori e amministratori di tenute, imprenditori e commercianti e industriali”. Per il giornalista italiano, dunque, i moderati si affermarono come forza dirigente perché in grado di esprimere gli interessi profondi di tutte le forze dinamiche della società italiana. Questo sulla base dell’assunto proprio della concezione materialistica della storia, che considera un gruppo sociale progressivo in grado di far avanzare realmente la società nel suo complesso, soddisfacendo non solo alle sue esigenze esistenziali, ma ampliando i propri quadri con continuità per la continua presa di possesso di nuove sfere di attività economico-produttiva.

“Gli intellettuali della classe storicamente e realisticamente progressiva esercitano un tale potere d’attrazione che finiscono […] col subordinarsi gli intellettuali di tutti gli altri gruppi sociali”. Questo processo di attrazione e di assorbimento era comunque facilitato dal fatto che all’organicità dei moderati corrispondeva una sostanziale disorganicità della Sinistra democratica, il cui establishment non si appoggiava ad alcuna classe storica, ma a gruppi sociali eterogenei e disorganici. Gramsci invita poi a riflettere sul significativo divario esistente tra l’alto grado di coerenza della teoria politica dei moderati (che esprimeva gli interessi della classe rappresentata) e le interiori contraddizioni nonché il populismo verbale propri della dottrina dei democratici. Per Gramsci i moderati riuscirono a dirigere realmente il processo di formazione dello Stato in quanto seppero essere dirigenti intellettualmente e moralmente prima e dopo aver conquistato il potere, riuscendo con metodi diversi a elaborare una classe dirigente sempre più ampia e in grado di assorbire gli elementi attivi sorti dai gruppi alleati e anche da quelli avversari.

Per Gramsci, insomma, i moderati costituiscono la struttura portante della vita politica italiana dell’Ottocento e la loro egemonia si manifesta pienamente con l’unificazione delle parti politiche e con il trasformismo.

Precedente La politica economica del regno della Due Sicilie Successivo Le origini del movimento cattolico italiano