Il processo riformatore inglese tra ombre e luci

Il processo riformatore inglese. Tra ombre e luci.

Il lungo processo riformatore che vide l’Inghilterra avviarsi verso una serie di novità di non poco conto (che tra l’altro evitarono lo scatenamento dei conflitti sociali) è stato valutato in modi diversi dagli storici. Alcuni, come per esempio A. Omodeo, hanno sottolineato positivamente la duttilità e il buon senso della classe politica inglese (conservatori e liberali), capace di assorbire le correnti radicali e contenerle entro l’alveo del sistema parlamentare. La legge elettorale fu modificata, trasferendo la rappresentanza politica dai vecchi borghi agricoli alle grandi città manifatturiere; si presero importanti provvedimenti legislativi in favore del lavoro delle donne e dei fanciulli; il malessere operai fu affrontato adeguatamente, con leggi sociali importanti; la soppressione del dazio sul grano assicurò pane a buon mercato e la libertà dei traffici interni; tutto ciò avvenne per iniziativa dello stesso capo del partito conservatore, Robert Peel. L’Inghilterra abbandonò nel 1846 la politica protezionistica in favore di quella liberistica.

Un analogo riconoscimento del pragmatismo della classe politica inglese viene espresso dallo storico francese G. Lefebvre. Questo sottolinea la forza dell’alleanza tra ‘whigs’ e ‘tories’ che riuscì a evitare che il malcontento popolare giungesse a una esplosione rivoluzionaria: “gli ‘whigs’ respingevano l’ipotesi che il movimento potesse sfociare in insurrezione […], e, giunti al potere, si ritrovarono d’accordo con i ‘tories’ per ripudiare la democrazia. D’altra parte, i ‘tories’ non erano reazionari, come molti conservatori del continente; essi non sognavano di restaurare il passato e, ancor meno, di far ricorso alla dittatura militare per sbarazzarsi dei loro rivali; la loro mentalità aveva qualcosa in comune con quella dell’uomo d’affari che trae il miglior partito possibile dal presente e, per evitare il peggio, si rassegna a ciò che non riesce a impedire; essi avevano ceduto nel 1832 e nel 1846 era stato uno di loro, Robert Peel, a sacrificare con la Corn Law gli interessi dei proprietari terrieri”.

Più critico E.J. Hobsbawm, che invece ha posto l’accento su come il progetto riformatore inglese portasse con sé conseguenze dolorose, e dolorosi costi sociali per le fasce deboli della popolazione, a vantaggio esclusivo della classe borghese. La Poor Law del 1834 era fatta apposta per rendere la vita intollerabile ai poveri, secondo lo storico, sino a costringerli a trasferirsi ovunque si offrisse loro un’occupazione. Dipinge controversi anche gli esiti del processo riformatore per quel che riguarda la classe lavoratrice.

Allo stesso modo A. Briggs, pur riconoscendo al processo riformatore il merito di aver posto una maggiore attenzione ai problemi politico-sociali del Paese, parlando della riforma elettorale sottolinea che nel 1832 non era stata fatta nessuna vera concessione alla democrazia, e i parlamentari non facevano pensare che in futuro avrebbero preso l’iniziativa per risolvere i problemi della miseria.

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