Nuovi modi di vivere e di sentire

Come promesso, adesso andremo ad analizzare più nello specifico il risultato dello studio condotto dallo storico francese Philippe Ariès nel suo testo “Padri e figli nell’Europa medievale e moderna”, specie in merito all’evoluzione dei nuovi modi di vivere e di sentire da parte del genere umano nell’evolversi del suo percorso storico.

Nella società medievale, che assumiamo come punto di partenza, il sentimento dell’infanzia non esisteva; il che non significa che i bambini fossero trascurati, abbandonati o disprezzati. Il sentimento dell’infanzia non si identifica con l’affezione per l’infanzia: corrisponde alla coscienza delle particolari caratteristiche infantili, caratteristiche che essenzialmente distinguono il bambino dall’adulto, anche giovane. Ecco, questa coscienza non esisteva. Perciò, appena il bambino poteva vivere senza le cure costanti della madre, della nutrice o della bambinaia, apparteneva alla società degli adulti e non si distingueva più da essa. Si diceva bambino come oggi si dice correntemente ragazzo. Questa indeterminazione dell’età si estendeva a tutta l’attività sociale: giochi, mestieri, armi. L’espressione utilizzata sovente da Molière (pseudonimo di Jean-Baptiste Poquelin, 1622-1673, famoso commediografo francese) rende al meglio l’idea di quanto sostenuto fino ad ora: il bambino piccolissimo, ancora troppo fragile per mescolarsi alla vita degli adulti, non conta nulla; è testimonianza d’una mentalità molto antica che ancora sopravvive nel Seicento.

Le parole di Molière attestano il perdurare di questo atteggiamento arcaico riservato all’infanzia. Si tratta di un atteggiamento duro a morire, ma ormai vacillante. Dal Trecento in poi si era manifestata una tendenza del gusto che cercava di esprimere nell’arte, nell’iconografia, nelle pratiche di devozione, la personalità che si riconosceva ai bambini e il senso poetico e familiare che si attribuiva a quanto era loro proprio. Già nel Cinquecento e nel Seicento era stato creato per il bambino piccino, almeno in quegli ambienti dove questa percezione si stava radicando, cioè negli strati più alti della società, un abbigliamento speciale che lo distingueva dagli adulti. Questo abbigliamento particolare dei bambini, e specialmente dei maschietti, in una società dove le forme esteriori e l’abito erano molto importanti, attesta il mutamento avvenuto nei loro confronti.

Nel Settecento si ritrovano nella famiglia le due vecchie componenti [la biologica e la giuridica] insieme a una componente nuova: la cura dell’igiene e della salute fisica: già i moralisti e gli educatori del Seicento non ignoravano la cura del corpo. Si curavano i malati con abnegazione e con diversi accorgimenti intesi a smascherare i simulatori, ma non ci si interessava al corpo dei sani se non per fini morali: un corpo mal temprato inclinava alla pigrizia, alla concupiscenza, a tutti i vizi! Nuovi modi di percepire la realtà, dunque.

A partire dal Settecento la famiglia comincia ad appartarsi rispetto alla società respingendola al di là di una zona di vita privata sempre più estesa. L’organizzazione della casa risponde all’esigenza nuova di difendersi dalla gente. Siamo già di fronte alla casa moderna che garantisce l’indipendenza delle stanze aprendole su un corridoio d’accesso. Se comunicano tra loro, non si è più tenuti a traversarle tutte per passare da una all’altra. Si è detto che le comodità risalgano a quell’epoca; sono nate con l’intimità, la discrezione, l’isolamento, e ne sono una manifestazione. I nuovi modi di vivere e di sentire sono alle porte. I letti non si trovano più un po’ dappertutto. Si trovano esclusivamente nella camera dove si dorme, corredata di armadi e ripostigli dove compare una nuova attrezzatura per la toilette e l’igiene. Il fatto che le stanze abitate venissero adibite a usi specifici, in un primo tempo solo nell’ambiente della borghesia e della nobiltà, è certo uno dei maggiori cambiamenti della vita quotidiana.

La disposizione della casa, la riforma dei costumi, lasciano dunque maggior posto all’intimità che si esaurisce in una famiglia ridotta ai genitori e ai figli, restandone esclusi i servitori, i clienti, gli amici. La famiglia, a cavallo dell’Ottocento, non è più tacita; è diventata molto loquace, invadendo la corrispondenza e, senza dubbio, anche le conversazioni e i pensieri. I vecchi appellativi, come “Signora”, scompaiono. Le lettere sono piene di particolari a proposito dei bambini, della loro salute, del loro comportamento. I figli cominciano ad esser ricordati coi loro diminutivi familiari. Logicamente l’uso più frequente dei diminutivi risponde a una familiarità più accentuata e soprattutto a un bisogno di usare nomi diversi da quelli usati dagli estranei, quasi a sottolineare, con una sorta di linguaggio iniziatico, lo stretto legame tra genitori e figli e la distanza che li separa dal resto del mondo.

La famiglia comincia ad esser percepita come una sorta di rifugio, di scopo per il quale vivere. Ed i suoi componenti vengono visti per quello che sono realmente. Ed è proprio questa la rivoluzione dei nuovi modi di sentire e di vivere.

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