Nigeria: la guerra del Biafra

La guerra del Biafra rappresentò una tragedia dalle proporzioni enormi. Le stime ci parlano di quasi 3 milioni di morti, di cui due terzi – in gran parte bambini – dovuti alla fame. Fu il punto di avvio per la nascita di una nuova generazione di “militanti umanitari”, infrangendo la regola della neutralità a favore dell’idea del diritto d’ingerenza nelle questioni internazionali, non più riservate solo a diplomatici e militari.

La guerra durò dal 6 luglio 1967 al 13 gennaio 1970. Fu determinata dal tentativo di secessione della provincia sud-orientale della Nigeria, popolata da etnia Igbo, cristiana e animista, il quale scatenò la risposta del governo centrale nigeriano. Tutto iniziò il 15 gennaio 1966 quando, sulla base di presunti (e probabilmente veri) brogli elettorali che favorirono le popolazioni del Nord, alcune sezioni dell’esercito, principalmente di etnia Igbo, guidate dal generale Johnson Aguyi-Ironsi, attuarono un colpo di stato.

Il 29 luglio 1966 l’esercito “settentrionale”, etnie Yoruba e Hausa, organizzò un contro-golpe, dando il potere al colonnello Yakubu Gowon e massacrando le minoranze cristiane Igbo del Nord. Gli Igbo del Biafra vennero di conseguenza completamente esclusi dal potere. Le popolazioni del Sud, preoccupate da un Nord che si stava prodigando per conquistare integralmente le grandi risorse petrolifere presenti nel loro territorio (delta del Niger), il 30 maggio 1967, guidate dal governatore militare del Sud-Est, col. Odunegwu Ojukwu, dichiarano la secessione dalla Nigeria della Repubblica del Biafra, con capitale Enugu.

La nuova nazione venne ufficialmente riconosciuta solo dal Gabon, da Haiti, dalla Costa d’Avorio, dallo Zambia e dalla Tanzania. Il 6 luglio 1967 l’esercito nigeriano entrò in Biafra occupando le città di Nsukka e Garkem, decretando così l’inizio della guerra. Dopo una controffensiva del Biafra (che giungerà a 200 km da Lagos), la guerra assunse la forma di un vero e proprio assedio. La truppe nigeriane, dopo aver conquistato i porti, determinarono un imponente blocco navale, terrestre e aereo. La lenta agonia del Biafra ebbe così inizio.

Le foto dei bambini malnutriti iniziarono a fare il giro del mondo, con diversi volontari che diedero vita a ponti aerei per destinare risorse di prima necessità alla popolazione affamata. Diversi volontari della Croce Rossa furono attaccati dall’esercito nigeriano. Il 9 maggio 1969 dieci tecnici italiani e un arabo furono uccisi nei campi petroliferi dell’ENI da un commando di soldati del Biafra.

Nel giugno 1969, oramai stremato dall’assedio, il Biafra tentò l’ultima disperata offensiva sostenuta da mercenari stranieri. Il 23 dicembre 1969 le forze nigeriane spezzarono in due il Biafra, e il 7 gennaio lanciarono l’offensiva finale. Il 13 gennaio cadde inevitabilmente l’ultima città, e Ojukwu dichiarò la resa fuggendo in Costa d’Avorio e lasciando al suo vice, Philip Effiong, il compito di negoziare.

Il bilancio finale fu catastrofico: oltre 3 milioni di morti, di cui un milione e duecentomila in battaglia e quasi due milioni per fame. L’intera regione venne sostanzialmente distrutta.

Precedente L'esecuzione di Eduard Krebsbach Successivo La Battaglia dello Jutland