Mazzini: Dio si realizza all’interno della Nazione

Il fallimento dei moti di Modena, Parma, e Bologna accentuò la già importante crisi in cui era incappata la Carboneria e evidenziò i limiti propri di tutto il movimento rivoluzionario italiano: la fiducia posta erroneamente nei principi e nell’intervento straniero, la mancanza di una direzione unitaria. Anche l’organizzazione settaria, fondata sulla segretezza, sul gradualismo, sul simbolismo cominciava a rivelarsi un retaggio ormai sorpassato. In Europa, specialmente in Francia e in Inghilterra, l’attività politica aveva trovato le sue nuove forme espressive nelle lotte parlamentari, nell’attività dei partiti, nella quotidiana polemica con i giornali. Tali esigenze, unite alla riflessione sui problemi cruciali della politica e della cultura di quel tempo, ispirarono il pensiero del giovane Mazzini negli anni della sua formazione.

Nato a Genova nel 1805, Mazzini aveva iniziato la sua attività di scrittore collaborando tra il 1827 e il 1830 a vari giornali: “L’Indicatore genovese”, “L’Indicatore livornese”, l'”Antologia” di Vieusseux. Già in quel periodo, grazie a determinate esperienze culturali, soprattutto francesi, era approdato a una concezione religiosa della storia profondamente diversa dalla filosofia reazionaria degli scrittori cattolici. Per questi, infatti, le sciagure dei popoli (guerre, carestie, rivoluzioni) rappresentavano un momento di espiazione voluto da Dio per punire gli uomini dei loro peccati e per riportare la storia al suo punto di partenza.

Secondo Mazzini, invece, Dio opera nella storia osservando una legge di progresso e si serve dei popoli per realizzare il suo fine ultimo: la creazione di una umanità libera, affratellata da un’armoniosa collaborazione. Mazzini dava così alla cultura romantica italiana uno sbocco progressivo. L’influenza delle dottrine di Saint-Simon gli consentì di ridurre tutta la sua polemica sotto un solo, unico denominatore: la lotta contro l'”individualismo”. Questo non rappresentava altro che la conclusione negativa della fase storica che era culminata nella Rivoluzione francese. Essa aveva liberato gli uomini dal Medioevo, dimostrando tuttavia incapacità nel fondare nuovi valori (questo pensava Mazzini). La storia era giunta a una svolta: albeggiava l'”era organica”, “associativa”, nella quale i popoli, assumendo la missione segnata da Dio, avrebbe realizzato l’unità mondiale.

Da questa concezione della Nazione, intesa come realizzazione di Dio nella storia, si sprigionava un’energia infinita. Nessuna forza umana avrebbe potuto arrestare il processo provvidenziale. Da tali premesse derivano la caparbia tenacia di Mazzini, la sua risoluzione nell’andare contro i consigli della moderazione e del buon senso. Da tutto ciò scaturiva la scoperta della lotta nazionale come processo interiore, come costruzione di una nuova coscienza progressiva più che come acquisizione fattiva di territori.

Questo trasferimento dell’attività politica sul piano religioso non era tuttavia esente da contraddizioni. La storia si irrigidiva in Dio e sfuggiva alla volontà degli uomini. Il linguaggio diventava eccessivamente profetico e sacrale, sfuggivano diversi aspetti della realtà e difettava la valutazione effettiva delle circostanza; erano questi i principali limiti entro i quali rimarrà circoscritta l’opera di Mazzini.

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