L’Operazione Paperclip

“Operazione Paperclip”: nome in codice di quella particolare operazione avviata dall’Office of Strategic Services e continuata dalla Central Intelligence Agency, svoltasi nella seconda metà del XX secolo e finalizzata allo sfruttamento intensivo del know-how nazista.

Appena finita la Seconda guerra mondiale, Stalin si infuriò con i suoi servizi di sicurezza, accusandoli di non esser stati in grado di catturare neppure uno dei massimi esperti tedeschi in questioni di missilistica, essendo questi tutti finiti dalla parte degli americani. La strada verso la creazione di due blocchi mondiali contrapposti, tanto ideologicamente quanto militarmente, sembrava ormai esser irreversibile. Due mondi in totale antitesi; ogni piccolo vantaggio strategico sull’avversario si sarebbe potuto rivelare decisivo. Proprio per questo motivo, gli Usa cercarono di ottenere il massimo vantaggio possibile in termini di armamenti, e questo significò anche arruolare ex scienziati del Reich, la cui superiorità tecnologica in diversi settori era disarmante.

Per raggiungere tale obiettivo, gli Stati Uniti progettarono un’operazione segreta, dapprima denominata “Overcast” e successivamente “Paperclip”, finalizzata ad accaparrarsi i migliori cervelli tedeschi disponibili sulla piazza. A partire dalla fine della Seconda guerra mondiale, e per oltre trent’anni, l’America importò all’interno dei propri confini almeno 1600 specialisti tedeschi da impiegare in vari ambiti di ricerca. Una parte cospicua di questi era stata membro del Partito nazista, o comunque aveva ricoperto importanti cariche al suo interno. Sebbene la non appartenenza certificata al regime e il non essersi macchiati di crimini di guerra fossero stati dichiarati prerequisiti inderogabili per poter prender parte al programma “Paperclip”, nei fatti, in più di un’occasione, questi criteri furono ampiamente disattesi.

I settori che maggiormente si avvalsero della preziosa conoscenza degli ex ingegneri tedeschi furono diversi: aeronautico e missilistico (da menzionare qui Wernher von Braun, ideatore del missile balistico V2 e guida del futuro programma spaziale statunitense), elettronico (sistemi di guida, radar e satelliti), scienze applicate, medico (armi biologiche e chimiche, medicina dello spazio) e fisico. Gli Stati Uniti, sebbene non fossero i soli (in prima linea furono anche gli Inglesi, i Francesi e i Sovietici), almeno inizialmente si trovarono in una posizione di netto vantaggio all’interno di questa particolare competizione. Già prima della fine del conflitto, diverse squadre speciali agirono con ordini ben precisi: individuare laboratori, centri di ricerca e fabbriche per far proprio il know-how nazista.

L’esigenza americana di sottrarre, per quanto possibile, le conoscenze scientifiche tedesche alla controparte sovietica, provocò un arruolamento di massa di esperti, i quali il più delle volte venivano evacuati e concentrati in aree sottoposte al diretto controllo americano. Una buona parte di questi, tuttavia, rimase confinata in speciali aree iper-vigilate in attesa di future chiamate, percependo un salario minimo. Chi invece arriva sul suolo statunitense, era ben conscio che sarebbe andato a far parte di un’élite scientifica di prim’ordine. A ben guardare, furono gli esperti di missilistica a ottenere i successi più eclatanti, con von Braun che rappresenta il più fulgido esempio in tal senso. Grazie alle sue geniali capacità, lavorò dapprima per l’esercito e poi per la NASA, diventando in seguito il direttore del Marshall Space Flight Center. Fu protagonista del lancio dello Jupiter C nel 1958, così come anche della realizzazione del super-propulsore del Saturn V, il quale avrebbe portato la missione Apollo sulla Luna. Nel 1975 fu insignito della National Medal of Science, la massima onorificenza scientifica degli Stati Uniti.

Tali fatti ci permettono di comprendere quale fu l’importanza strategica che rivestì l’Operazione Paperclip.





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