Lo Stato moderno in Francia

A differenza di quello che è stato a lungo il giudizio tradizionale rispetto all’operato di Napoleone dal punto di vista del contributo da questi dato sotto l’aspetto dell’innovazione, Francois Furet (storico francese, tra i più importanti studiosi della Rivoluzione francese) individua la creazione più durevole del periodo napoleonico non nel Codice civile, come da consuetudine, o nella complessa opera di unificazione giuridica e legislativa, ma nelle nuove strutture amministrative statali che sono alla base dello Stato moderno in Francia e che dalla Grande Nazione si diffusero nelle ‘repubbliche sorelle’.

L’amministrazione gerarchica e centralizzata deve funzionare da sola, come un grande sistema di inquadramento degli uomini, destinato a trasmettere la volontà dal centro fino ai luoghi più periferici, con l’automatismo di un organismo vivente; questo era in sostanza il credo. I prefetti, istituzione propriamente napoleonica, sono degli imperatori in formato ridotto nei loro dipartimenti: la loro autorità non deriva tanto dai meriti personali, ma è soprattutto un riflesso del potere centrale.

In questa innovativa concezione dell’organizzazione statale Napoleone, sostiene lo storico Furet, è l’erede della Rivoluzione, sia perché instaura contro i poteri locali e gli abusi l’universalità della legge, sia perché la sua amministrazione tende a realizzare l’interesse generale dei cittadini che nelle nuove istituzioni hanno trovato non certo la libertà ma, forse, l’eguaglianza.

Secondo Furet, il Codice civile e il complesso del lavoro di unificazione giuridica e legislativa erano già stati avviati prima dell’ascesa di Napoleone, e avrebbero dunque potuto essere compiuti senza di lui in modo, tutto sommato, abbastanza simile. Ma il nuovo progetto delle strutture amministrative dello Stato porta il suo marchio. Pone l’ordine e l’autorità al di sopra di tutti i bisogni degli uomini, assecondando in tal modo la sua passione principale: dominare in modo assoluto. Ma la sua passione possessiva non l’ha mai accecato al punto da fargli confondere pubblico e privato. Anche al di là del suo temperamento, il carattere eccezionale della sua ascesa basterebbe a spiegare la sua tendenza a considerare come un patrimonio tutto ciò che ha conquistato, compresa la Repubblica; resta tuttavia l’erede della Rivoluzione prima di tutto, poiché il fondamento dello Stato amministrativo che egli instaura contro i poteri locali è proprio l’universalità della legge.

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