L’Europa rinasce nel segno dell’equilibrio

Dalla caduta di Napoleone alla guerra di Crimea (1854-1856) l’Europa non vide conflitti tra le grandi potenza. Anzi, a parte questa, non si ebbe, in tutto il periodo che va dal 1815 al 1914, alcuna guerra nella quale fossero coinvolte più di due potenze, e l’equilibrio divenne l’elemento centrale nei rapporti tra gli stati. Questo si verificò non tanto per una nuova propensione al dialogo o perché i sovrani fossero diventati più saggi o pacifici, quanto per il fatto che la paura prese il sopravvento. Si era largamente diffuso, infatti, il timore che una nuova guerra di vaste dimensioni avrebbe potuto provocare una nuova rivoluzione nella quale sarebbero stati travolti gli antichi regimi.

Nella prima metà del secolo moti rivoluzionari, come vedremo, scoppiarono qua e là in Europa e in America Latina, diverse volte la rivalità delle potenze mise a repentaglio l’equilibrio internazionale raggiunto, ma sempre la diplomazia, sulla base di un atteggiamento più cauto, riuscì a comporre preventivamente i dissidi e a salvare l’assetto costituito nel 1815 a Vienna. Era stato costruito un sistema europeo pressoché anti-liberale e anti-nazionale, ma coloro che disegnarono, allora, la carta d’Europa si rivelarono realisti e consapevoli della complessità dei problemi. Ebbero cura di non mortificare più del necessario la Francia sconfitta, e la riammisero a far parte del concerto Europeo. Certamente non tennero alcun conto delle diffuse aspirazioni dei popoli, ma ebbero almeno di mira l’equilibrio tra le potenze e impedirono con innegabile, relativo successo che l’una prevalesse sull’altra.

La scena internazionale, come detto, era tutt’altro che tranquilla, e le occasioni di conflitto abbondavano. I movimenti rivoluzionari sconvolsero periodicamente la stabilità internazionale così faticosamente conquistata: subito dopo il 1820, specialmente nell’Europa meridionale, nei Balcani e nell’America latina; dopo il 1830 nell’Europa occidentale; e, ancora una volta, alla vigilia della rivoluzione del 1848. Il declino dell’impero turco, minacciato tanto dalla dissoluzione interna, sia dalle ambizioni di grandi potenze rivali (Gran Bretagna, Russia e, seppur in misura minore, Francia) fece della cosiddetta “Questione d’Oriente” una causa permanente di crisi. I rapporti tra Gran Bretagna e Russia erano quanto mai tesi a proposito del Vicino Oriente e della “terra di nessuno” che divideva i due imperi in Asia. La Francia era tutt’altro che rassegnata a una posizione modesta sulla scena internazionale. Eppure, la navicella diplomatica riusciva, seppur difficilmente, a non affondare nel mare dell’astio.

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