L’economia classica, tra ortodossia e eterodossia

A partire dal consolidamento e dalla maturità dell’economia classica (tra il 1776 e il 1870), si possono identificare due diversi sviluppi rispetto al concetto di armonia nel sistema economico. Da una parte ritroviamo il pensiero economico ortodosso, il quale, benché abbia sempre mantenuto la premessa di fondo di un sistema funzionante armonicamente, ne ha lentamente e progressivamente indebolito la portata, fino a proporre, come soluzione ad alcune questioni economiche, risposte di tipo politico, e non semplicemente di mercato. Dall’altra parte rileviamo la continua riproposizione di alcune idee eterodosse, tendenti a negare l’armonia di fondo del sistema economico e a cogliere anzi conflitti così fondamentali da richiedere modifiche sostanziali della struttura istituzionale per una loro soluzione: il pensiero marxiano, in questo senso, è l’esempio più brillante di questo filone teorico per il quale il sistema economico è intrinsecamente interessato da conflitti non risolvibili dalle sole forze di mercato.

Al centro delle preoccupazioni della scuola classica vi è il fenomeno della crescita economica. Alla ricerca delle cause che determinano il saggio di crescita economica i classici furono mossi dalla loro propensione verso le questioni macroeconomiche. Ponevano al centro della loro analisi la considerazione che alla crescita economica non contribuivano unicamente fattori di natura economica, ma anche di ordine culturale, politico, sociale e storico. Un importante passo in avanti, questo.

L’interesse per il fenomeno della crescita spinse i classici ad occuparsi sia del funzionamento dei mercati che del sistema dei prezzi come strumento per l’allocazione delle risorse. Lo studio della formazione dei prezzi relativi e del funzionamento dei mercati rappresentò dunque ai loro occhi il passaggio essenziale per capirne l’impatto sulla crescita economica, così come il loro marcato interesse per le forze che influiscono sulla distribuzione del reddito nel corso del tempo era collegato a quello per le cause che determinano i prezzi relativi. Tale attenzione nei confronti dello sviluppo economico colloca i classici nella tradizione del mercantilismo, mentre l’economia neoclassica o la moderna microeconomia, che pure si occupano a loro volta del funzionamento dei mercati e del sistema dei prezzi, si muovono in una prospettiva notevolmente diversa. In esse, infatti, i mercati sono studiati in un contesto concorrenziale di tipo statico, al fine di far luce sul problema della determinazione dei prezzi relativi, della qualità e della quantità dei beni finali prodotti, del tipo e della dimensione delle imprese, e della distribuzione personale e funzionale del reddito.
Questo cambiamento di prospettiva, che ha distolto l’attenzione degli economisti dai processi di crescita per dirigerli quasi esclusivamente verso le questioni microeconomiche dell’allocazione delle risorse scarse tra usi alternativi, non avvenne che verso il 1870, in concomitanza cona la nascita della teoria neoclassica.

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