Le sette nell’Italia settentrionale: Filippo Buonarroti

Le notizie che ci sono arrivate e che possediamo intorno allo sviluppo delle sette e alla loro diffusione nel nostro Paese nell’età della Restaurazione sono decisamente scarse ed equivoche. La cosa naturalmente non può sorprendere, data la segretezza dalla quale le sette stesse erano circondate. Quello che si può affermare con estrema sicurezza è che l’Italia del Nord era, per così dire, avvolta da una rete settaria (Adelfia, Carboneria, Federazione italiana) al vertice della quale era, senza che gli altri affiliati ne fossero realmente consapevoli, Filippo Buonarroti, uno dei più importanti rivoluzionari europei del primo Ottocento, l’antico compagno di Babeuf (giornalista e agitatore politico francese con un ruolo non secondario durante la Rivoluzione francese). Buonarroti controllava direttamente i quadri ristrettissimi della sua setta e attraverso di essi aspirava a indirizzare il movimento settario nella sua globalità.

Una delle principali caratteristiche delle sette era il gradualismo della dottrina da loro propugnata: ogni setta, quindi, era articolata in gradi, a ciascuno dei quali corrispondeva un diverso livello di conoscenza delle finalità della setta stessa. Ogni setta aveva i propri programmi, ma avrebbe dovuto sottostare senza saperlo alla funzione direttiva che si erano assunti i Sublimi Maestri Perfetti (ristretto nucleo di uomini virtuosi).

Lo stesso Buonarroti non escludeva la possibilità di accordi anche con le forze politiche liberal-moderate per fini contingenti, purché non ne fosse mai in alcun modo inquinato il piccolo nucleo di eletti, che costituivano il vertice dell’organizzazione settaria nel suo complesso. Perciò i Sublimi Maestri Perfetti potevano ben affiancare e guidare la lotta per il raggiungimento della Costituzione e dell’indipendenza dall’Austria, ma Buonarroti riservava loro il compito a suo giudizio più importante di continuare la lotta per la democrazia e la repubblica e, al di là di questa, per la restaurazione della reale eguaglianza: il fine del movimento era l’organizzazione di una società comunista pura.

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