“Le rivoluzioni borghesi”: la nuova carta d’Europa

Proseguiamo con l’analisi dell’estratto del testo scritto dallo storico britannico E. J. Hobsbawm, “Le rivoluzioni borghesi (1789-1848)”, che descrive al meglio la linea guida con cui venne disegnata la nuova carta d’Europa in seguito alla sconfitta subita da Napoleone, incentrata sull’equilibrio.

“Non si cercò affatto di sfruttare la vittoria totale sulla Francia per non provocare nei Francesi una nuova ondata di giacobinismo. Le frontiere della nazione sconfitta ne uscirono anzi leggermente migliorate rispetto al 1789, la cifra dei risarcimenti in denaro fu tutt’altro che irragionevole, l’occupazione da parte delle truppe straniere fu di breve durata e, infine, nel 1818 la Francia veniva già riammessa alla pari a far parte del “concerto d’Europa” – queste condizioni sarebbero stata ancora più moderate se non fosse stato per il fallito tentativo dei “Cento giorni” di Napoleone nel 1815. I Borbone tornarono al potere, ma era già sottinteso che dovessero fare delle concessioni ai pericolosi sentimenti dei loro sudditi. Vennero così accettate le maggiori trasformazioni portate dalla Rivoluzione e venne decretato quel dispositivo incendiario che è la Costituzione – benché, naturalmente, in maniera estremamente moderata – sotto forma di uno Statuto spontaneamente concesso dal monarca assoluto nuovamente insediato sul trono di Francia Luigi XVIII.

La carta d’Europa venne ridisegnata senza alcun riguardo per le aspirazioni dei popoli o per i diritti dei numerosi prìncipi che una volta o l’altra erano stati spodestati dai Francesi, ma tenendo invece in gran conto l’equilibrio delle cinque grandi potenze emerse dalla guerra: la Russia, l’Inghilterra, la Francia, l’Austria e la Prussia. Solo le prime tre contavano veramente. La Gran Bretagna non aveva ambizioni territoriali sul continente, ma preferì tenere sotto controllo o stendere una mano protettrice su taluni punti di importanza marittima e commerciale […] Nei paesi coloniali le ambizioni territoriali britanniche erano naturalmente molto maggiori, benché il controllo assoluto esercitato dalla marina inglese su tutti i mari rendesse poco importante il fatto che questo o quel territorio si trovasse o no sotto la bandiera della Gran Bretagna; con l’eccezione però dei confini nord-occidentali dell’India, dove solo regioni o principati deboli e caotici separavano l’impero inglese da quello russo […]

La Russia, massima potenza militare terrestre, soddisfece le proprie limitate ambizioni territoriali con l’annessione della Finlandia (a spese della Svezia), della Bessarabia (a spese della Turchia) e della maggior parte della Polonia, alla quale vennero concessi un certo grado di autonomia e un governo affidato a quella fazione locale che aveva sempre caldeggiato un’alleanza con la Russia […]

L’Austria e la Prussia in realtà erano considerate grandi potenze solo per una questione di cortesia: così almeno si riteneva (giustamente) in considerazione della ben nota debolezza dell’Austria in tempi di crisi internazionale e (erroneamente) in considerazione del collasso della Prussia nel 1806. La loro funzione principale in Europa era quella di stabilizzatori […]

Gli statisti del 1815 erano abbastanza saggi da riconoscere che nessun accomodamento, per quanto architettato, avrebbe potuto resistere, a lungo andare, alla pressione esercitata dalle rivalità fra i vari Stati e dalla variabilità delle circostanze. Di conseguenza esercitarono un meccanismo che avrebbe dovuto mantenere la pace – affrontando e risolvendo tutti i problemi di maggior rilievo non appena questi si presentassero – per mezzo di regolari congressi. Era naturalmente sottinteso che in essi la parola decisiva spettasse sempre alle “grandi potenze” (il termine stesso è un’invenzione di quel periodo). Il “concerto d’Europa” – altra parola venuta in uso allora – non corrispondeva a quella che è oggi l’Organizzazione delle Nazioni Unite, ma piuttosto al comitato permanente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. I congressi regolari non si tennero però che per pochi anni: precisamente, dal 1818, quando la Francia venne ufficialmente riammessa al “concerto”, fino al 1822″.

La nuova carta d’Europa si andava componendo…

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