Le prime manifestazioni di un movimento cattolico italiano risalgono alla Restaurazione. In quel periodo in diverse città, prevalentemente dell’Italia centro-settentrionale, nacquero periodici e si costituirono gruppi che si proposero di combattere sul piano culturale e politico i principi e le forze che si ispiravano alla Grande Rivoluzione, il liberalismo e anche le tendenze moderate favorevoli al compromesso fra il vecchio e il nuovo, riaffermando univocamente i principi tradizionali dell’autorità della Chiesa e della validità delle monarchie legittime. In questi gruppi di frequente emergevano critiche verso i governi, come anche veniva da essi accentuato il motivo dell’importanza della religione della Chiesa per la società. Si affermava quindi la tendenza a sostenere il primato del papa sulle Chiese nazionali. Tali gruppi ricevettero riconoscimenti e incoraggiamenti da parte della Santa Sede. I moti europei del 1830-’31 accentuarono ulteriormente la polemica controrivoluzionaria dei gruppi cattolici italiani.
Accanto a questi gruppi cattolici schierati su posizioni di rifiuto totale dei principi rivoluzionari e liberali, ne nacquero altri che assunsero un atteggiamento diverso, che si sforzarono di comprendere certi aspetti e certe esigenze del nuovo movimento culturale e politico, conciliandoli con la tradizione cattolica. Si manifestò dunque una tendenza cattolico-liberale, che rivestì notevole importanza sul piano culturale e che si espresse in alcune personalità (Manzoni, Lambruschini, Capponi) e in piccoli gruppi.
Di fronte all’emergere del problema nazionale italiano, posto perentoriamente dall’iniziativa mazzinana e democratica, una parte dei cattolici liberali, attraverso la figura del Gioberti, prospettò una soluzione tesa a conciliare l’esistenza del Papato e il suo potere temporale con le aspirazioni di libertà e d’indipendenza diffuse in larghi strati dell’opinione pubblica. Gioberti sostenne che il primato dell’Italia consisteva nell’essere contemporaneamente centro della civiltà e centro della cattolicità, e nel poter conciliare, attraverso il Risorgimento, cattolicesimo e civiltà tradizione e progresso, Papato e nazionalità. Il primato italiano, dunque, avrebbe avuto la sua ragione nel Papato, principio della superiorità dello spirituale sul civile.
L’avvento di Pio IX, le riforme in senso liberale da lui compiute nello Stato pontificio, l’adesione di questo Stato alla causa nazionale nel 1848 e la sua partecipazione alla guerra d’indipendenza accanto ad altri Stati italiani, il massiccio intervento del clero a favore della stessa causa, specialmente nelle regioni settentrionali, parvero dare al programma neoguelfo una grande forza politica e una larga base di massa. In realtà quel programma si rivelò una mera illusione, e la funzione di guida nella lotta per l’indipendenza che era stata attribuita al papa, un mito.
Dopo il 1848, l’opposizione cattolica ai principi rivoluzionari e liberali, che si era già largamente manifestata nei decenni precedenti, si rafforzò e si estese, assumendo una fisionomia più particolarmente nazionale,indirizzata contro il moto risorgimentale, visto come aspetto di una più vasta rivoluzione.