Proprio nei decenni in cui aumentava la richiesta dei mercati, sulle banchine dei porti inglesi si accumularono grandi quantità di fibre tessili provenienti dall’Asia e dall’America. Pochi lungimiranti imprenditori seppero trarre profitto da questa occasione storica: essi pensarono di poter rendere più efficiente e più rapido il processo di produzione utilizzando opportunamente alcune invenzioni tecniche più o meno recenti.
Per i tessili la svolta fu segnata dall’applicazione del vapore (macchina a vapore, inventata da James Watt nel 1769) alle ruote dei telai, sino a quel momento messe in movimento dalla forza delle braccia o dalla corrente dei fiumi, nonché dalla meccanizzazione delle operazioni di tessitura grazie alla larga diffusione della spoletta automatica. Il successo di queste iniziative trasformò i pionieri della prima ora in legione. Al posto delle vecchie manifatture tessili collocate presso i corsi d’acqua sorsero le fabbriche poste nelle vicinanze della città che offriva le sue grandi riserve di forza-lavoro proletaria. L’altra grande risorsa era data dalle nuove fonti di energia, con le macchine a vapore che sostituirono la forza idrica, con le fabbriche che lavoravano sempre di più e con maggiore intensità.
L’industrializzazione e l’introduzione di macchine innovative portò dunque ad un’impennata della produzione ed al crollo dei prezzi. Per quanto riguarda i tessili, di fronte al pericolo d’una prima crisi di sovrapproduzione, gli imprenditori inglesi non chiusero le fabbriche ma seppero dilatare i consumi negli strati inferiori della popolazione. I loro prodotti invasero i pmercati, le botteghe, le fiere paesane: si apriva così l’era del cotone.