L’ambivalenza del sentire romantico

Dalle diverse letture del fenomeno che si possono analizzare, il Romanticismo è apparso segnato da una forte ambivalenza: attraverso una dettagliata e precisa schematizzazione didattica si potrà vedere che alcuni interpreti vi hanno colto un messaggio di libertà e di progresso, altri, invece, come ad esempio Heinrich Heine, hanno visto nel Romanticismo il rifiuto del presente, della città moderna, dell’industrializzazione e dei suoi effetti sociali, l’invito dunque a rifugiarsi nel passato, a radicarsi nella strettezza angusta delle piccole patrie, a lottare contro l’universale fratellanza umana. Partendo da questa antitesi ideale, si è aperto, con grande varietà di toni e di articolazioni, il dibattito degli studiosi di qualsivoglia provenienza culturale.

Il Romanticismo è stato indubbiamente, contro la cultura dei Lumi, la scoperta del passato, dove questo passato a cui tanto si fa riferimento è stato visto come paradigma, come insuperabile modello, è questo è stato un atteggiamento proprio dell’anima tradizionalista ed anche reazionaria del fenomeno stesso. Ma ci sono stati anche coloro, invece, che hanno saputo considerare il passato come germe da sviluppare, processo da svolgere, dialettica del progresso, che hanno fatto parte quindi dell’anima progressista del Romanticismo, tanto nel suo versante propriamente filosofico (idealismo, storicismo), quanto nelle sue attinenze politiche (lotta per la nazionalità e per la libertà nel suo significato più puro). Di qui la tanto decantata ambivalenza.

Heinrich Heine, poeta tedesco, il principale del periodo di transizione tra il romanticismo e il realismo (modo di scrivere che si è imposto nel XIX secolo, quando la narrativa sentiva l’esigenza di rappresentare la realtà quotidiana, sia cogliendone in modo problematico i risvolti politici e sociali, sia inserendo personaggi in un preciso contesto storico e ambientale), consta di un’originalità unica, che consiste nella tensione verso la poesia e nello stesso tempo nel modo opposto, cioè quello di voler negare ogni sentimentalismo, che gli permise di utilizzare il “materiale” romantico con ironia e realismo.

“Heine usò la lingua tedesca per cantare versi melodiosi come pochi altri hanno saputo fare conquistandosi, per l’arte, la fama di più grande artista tedesco della generazione successiva a quella di Wolfgang Goethe. Egli, lavorando dapprima su una realtà psicologica lieve e delicata, basata sul ricordo nostalgico di due amori infelici (per le cugine Amalie e Therese) e in seguito più forte, quando si aggiunsero ai motivi amorosi altri temi ispiratori (la natura, la politica, la vita, la società contemporanea), seppe raggiungere effetti notevolissimi nella sua poesia. Egli seppe giocare con abilità stilistica dando ai suoi versi un tono obiettivo anche quando esprime sensazioni e sentimenti personali”. (fonte: Wiki)

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