Nell’ex regno italico la restaurazione politica procedette spesso di pari passo con quella economica, dando vita a uno spropositato ritorno all’antico anche dal punto di vista commerciale. Si tornò così ai vecchi vincoli, alla ricostituzione di barriere doganali non solo fra Stato e Stato ma anche all’interno dei maggiori di essi (si veda a tal proposito l’esempio del Piemonte e del Lombardo-Veneto), al rigido protezionismo che penalizzava il commercio delle regioni settentrionali, creando disagi e risentimenti che avrebbero favorito la diffusione delle idee rivoluzionarie. Tuttavia, un integrale ritorno al passato risulta una strada sempre difficilmente percorribile visto che le situazione e gli approcci mutano sulla base delle esperienze, e l’impossibilità di un ripristino in toto del passato nell’Italia restaurata apparve ben presto.
“Se era possibile reinsediare sul trono perduto le dinastie spodestate e ricostituire le vecchie frontiere […], era praticamente impossibile, o perlomeno molto arduo, passare un colpo di spugna sulle profonde modificazioni che vent’anni di predominio francese avevano introdotto nel tessuto della società, nei rapporti tra gli uomini e tra le classi”. (G. Procacci, Storia degli Italiani, vol. II)
I più attenti uomini di Stato, argutamente, cercarono di procedere con cautela. Laddove i codici napoleonici furono abrogati, si provvide a sostituirli con nuovi codici “permeati della tradizione riformistica settecentesca e della stessa legislazione napoleonica”. Analoga cautela fu usata nella questione dei beni nazionali venduti durante il periodo napoleonico: così, in molti casi, i vecchi proprietari dovettero accontentarsi di un indennizzo e perdere definitivamente i loro patrimoni. Né era pensabile ricostituire i privilegi e i diritti aboliti. Sarebbe stato impossibile “riannodare gli infiniti e intricati nodi che l’eversione feudale del 1806” aveva reciso nel Mezzogiorno, anzi “la legislazione antifeudale dei Napoleonidi venne estesa anche alla Sicilia, la quale si trovò a subire in piena Restaurazione e a effetto ritardato i contraccolpi della Rivoluzione e dell’occupazione francese”.
Questi furono i motivi che decretarono quell’ambiguità che ha caratterizzato l’azione politica dei governi della Restaurazione, divisa com’era tra il tentativo di governare contro le nuove classi e i gruppi sociali usciti dall’esperienza napoleonica e il tentativo, altrettanto velleitario, di conquistarsi il loro appoggio. Di fatto essa produsse insofferenza e malcontento, che spiegano il rapido diffondersi delle sette segrete e l’inizio dei moti insurrezionali.