L’affermarsi della fanteria

La crisi della cavalleria feudale fu un fenomeno che sorse a partire dalla fine del Trecento a causa dell’introduzione di nuove metodologie per l’utilizzo della fanteria. La sua vulnerabilità si rivelò per la prima volta durante la guerra dei Cento anni (vari conflitti intercorsi a partire dall’XI secolo tra il Regno d’Inghilterra e il Regno di Francia che durò, non continuativamente, 116 anni, dal 1337 al 1453, e si concluse con l’espulsione degli inglesi da tutti i territori continentali fatta eccezione per la cittadina di Calais conquistata dai francesi solo nel 1558). Nelle battaglie di Crécy, Poitiers e di Azincourt, gli inglesi impiegarono truppe formate da sudditi ben addestrati nel tiro con l’arco lungo, le cui frecce erano capaci di uccidere un cavaliere da notevole distanza. Si calcola che, in quelle battaglie, morirono diverse migliaia di cavalieri francesi. Quello che rese così distruttivi gli arcieri, che gli inglesi avevano imparato ad apprezzare nelle campagne contro gallesi e scozzesi, fu la loro disposizione sul campo: essi difatti potevano continuare a scagliare frecce protetti da una sorta di muro fatto di uomini armati di picche che li difendevano dall’impeto della carica dei cavalieri. In effetti, le armi più diffuse della fanteria furono la picca e l’alabarda, mentre l’arco rimase confinato all’area inglese.

La classe dei feudatari perdette in questo modo il monopolio del mestiere delle armi, dal momento che si poté sostituire la cavalleria corazzata con la fanteria. Era possibile organizzare così nuovi eserciti basati su fanterie di estrazione plebea, addestrate collettivamente, inquadrate in eserciti più o meno permanenti al servizio del principe. Trovare un’alternativa alla cavalleria diventò inoltre necessario quando la conflittualità tra i nascenti Stati dell’Europa moderna richiese ai sovrani di poter disporre di eserciti stabili sotto il loro diretto controllo per rendersi in larga parte indipendenti dai signori feudali. Avere a disposizione una macchina militare capace di sconfiggere la cavalleria feudale o di concludere un assedio in tempi brevi, permise ai sovrani di reprimere eventuali resistenze armate dei nobili. La ripresa dello sviluppo economico, la crescita demografica e la diffusione delle armi da fuoco resero possibile questa trasformazione.

Il declino della cavalleria ebbe come diretta conseguenza il declino politico della stessa aristocrazia, come anche un mutamento del suo ruolo militare. Questa complessa trasformazione non fu dovuta solo alla vulnerabilità sul campo della cavalleria feudale, ma anche all’impossibilità per la maggior parte dei nobili di finanziare i nuovi eserciti nonché alla frequenza delle guerre e alla loro durata, dato che i signori feudali non erano disposti a restare a lungo lontano dalle loro terre. Ad aumentare il costo della guerra contribuì anche la comparsa, a partire dalla prima metà del Trecento, delle armi da fuoco, destinata come detto ad evolversi rapidamente. Il passaggio dall’età della cavalleria feudale a quella delle fanterie fu così uno degli aspetti più importanti del processo di formazione degli Stati moderni. Solo i sovrani, difatti, poterono affrontare i costi delle nuove guerre, contando su un maggiore prelievo fiscale e su di una più efficiente macchina amministrativa.

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