La russificazione e il Catechismo per i Polacchi

Il Congresso di Vienna aveva assegnato i territori polacchi, che avevano costituito al tempo di Napoleone il granducato di Varsavia, allo zar Alessandro I (San Pietroburgo, 23 dicembre 1777 – Taganrog, 1º dicembre 1825) sotto la forma dell’unione personale. Questa tipologia di associazione consentì ai Polacchi di conservare le loro tradizioni nazionali e religiose, le loro leggi e i loro tribunali, come anche il loro stesso esercito. Ebbero anche una Carta costituzionale e, di conseguenza, un proprio Parlamento. Queste forme di autonomia, riconfermate in un secondo momento da Nicola I (Carskoe Selo, 6 luglio 1796 – Pietroburgo, 2 marzo 1855) al momento della sua incoronazione, furono tuttavia solo parzialmente rispettate. Cominciarono per cui a manifestarsi vive resistenze promosse specialmente dagli ambienti liberali e intellettuali, che esplosero nel novembre del 1830 anche in relazione a quanto stava avvenendo in Francia.

La rivolta fu sanguinosamente domata e cominciò per il Paese il processo di russificazione. Eloquente testimonianza di quanto avvenne è un testo (intitolato “Il Catechismo”) contenuto all’interno del libro scritto da Valentin Gitermann, “Storia della Russia”. La pagina tratta proprio del Catechismo che l’Imperatore volle imporre ai suoi sudditi polacchi. La religione fu intesa come “instrumentum regni”; ma il proposito dello zar Nicola di valersene per tener soggiogati i Polacchi fu vanificato anche dalla diversità della confessione religiosa, che faceva del clero cattolico il naturale nemico dello zar ortodosso e il naturale alleato del sentimento patriottico nazionale.

Questo un estratto del testo:
“Domanda – In che consiste la venerazione verso l’Imperatore, e in qual modo essa si manifesta?
Risposta – Con la devozione più cieca nelle parole, nel contegno, nel comportamento, nei pensieri, nelle azioni.

Domanda – Che specie di obbedienza gli dobbiamo?
Risposta – Completa, passiva e illuminata in ogni senso.

Domanda – In che consiste la fedeltà che dobbiamo all’Imperatore?
Risposta – Nell’eseguirne gli ordini nella maniera più precisa e senza discussione, e nel compiere volenterosamente
e senza mormorare i doveri che abbiamo verso di lui.

Domanda – Come deve considerarsi in relazione a Dio la mancanza di venerazione e di fedeltà verso l’Imperatore?
Risposta – Come il peccato più orribile e il misfatto più spaventoso.

Domanda – In qual tempo ha cominciato ad aver vigore l’usanza di pregare l’Onnipotente per la felicità del Sovrano?
Risposta – Il costume della preghiera per l’Imperatore è antico quanto il cristianesimo; esso è per noi l’eredità
più preziosa e il dono più caro, di cui dobbiamo esser grati al passato”.

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