Il 12 gennaio 1848 Palermo insorse per uno di quei moti separatisti, propri della storia della Sicilia, che trovavano largo seguito sia nel popolo che nelle classi medie e nell’aristocrazia. La rivolta palermitana, capeggiata da Rosolino Pilo e Giuseppe La Masa, si estese a tutta l’isola, tanto che le truppe borboniche furono costrette a imbarcarsi per il continente. Dalla Sicilia l’impeto si estese repentinamente al Cilento, raggiungendo in breve la stessa Napoli. Impotente a frenare l’agitazione popolare, premuto dai liberali, Ferdinando andò oltre l’ambito entro il quale, sino allora, si erano mossi i principi e concesse la Costituzione (29 gennaio 1848). In tal modo veniva superato il compromesso dei riformatori, per i quali l’iniziativa doveva rimanere saldamente nelle mani del principe, e si apriva il varco alle forze che muovono dal basso, dalla società civile; si riconosceva il carattere sovrano della rappresentanza cittadina.
Gli altri principi furono costretti a concedere anch’essi le costituzioni: il 17 febbraio Leopoldo II, il 4 marzo Carlo Alberto, il 14 Pio IX. Questi si ispirarono alla Costituzione francese del 1830. Di essi era destinato a sopravvivere solo lo Statuto Albertino, che divenne, al compimento dell’Unità, la legge fondamentale del nuovo Regno d’Italia.