La prima rivoluzione industriale

“La rivoluzione industriale fu un processo di evoluzione economica o industrializzazione della società che da sistema agricolo-artigianale-commerciale divenne un sistema industriale moderno caratterizzato dall’uso generalizzato di macchine azionate da energia meccanica e dall’utilizzo di nuove fonti energetiche inanimate (come ad esempio i combustibili fossili), il tutto favorito da una forte componente di innovazione tecnologica e accompagnato da fenomeni di crescita, sviluppo economico e profonde modificazioni socio-culturali e anche politiche. Spesso si distingue fra prima e seconda rivoluzione industriale. La prima interessò prevalentemente il settore tessile-metallurgico con l’introduzione della spoletta volante e della macchina a vapore nella seconda metà del ‘700. La seconda rivoluzione industriale viene fatta convenzionalmente partire dal 1870 con l’introduzione dell’elettricità, dei prodotti chimici e del petrolio. Talvolta ci si riferisce agli effetti dell’introduzione massiccia dell’elettronica, delle telecomunicazioni e dell’informatica nell’industria come alla terza rivoluzione industriale, che viene fatta partire dal 1970”. (fonte: Wiki)

Insomma, la prima rivoluzione industriale, la cui patria fu l’Inghilterra, comportò una importante trasformazione che partì dal sistema produttivo per andare progressivamente a coinvolgere tanto il sistema economico nel suo complesso quanto quello sociale. Fondamentale fu il ruolo in tal senso che ricoprì la nascita della fabbrica e degli strumenti utilizzati al suo interno; nacque la classe operaia e, di conseguenza, la questione del salario, che sarà oggetto di innumerevoli lotte tra dipendente e padrone (il capitalista, il proprietario dei mezzi di produzione, la cui attività è finalizzata unicamente all’incremento del profitto personale).

I problemi mondiali, tra la fine del secolo XVIII e l’inizio del XIX, avevano subito profonde trasformazioni. Nell’area che era stata dominata da Napoleone, l’Antico Regime aveva subito durissimi colpi; i paesi dell’Europa occidentale, devastati da anni di guerre, aspiravano ad una pausa di raccoglimento per ricostituire la propria integrità. La Francia, nello specifico, spogliata del suo impero coloniale, aveva perduto terreno nella lotta per la supremazia commerciale ed economica. Nella Gran Bretagna, invece, un paese che già nel Seicento aveva compiuto la sua rivoluzione politica e che nel Settecento aveva gettato le basi per la modernizzazione del proprio settore agricolo, convergevano le condizioni che resero possibile una svolta nei sistemi di produzione. L’esito delle guerre del Settecento, determinando un nuovo assetto delle aree coloniali, avevano fatto confluire nei porti inglesi un’enorme quantità di materie prime. Contemporaneamente, l’impetuoso sviluppo demografico e l’accresciuta richiesta dei mercati mondiali rendevano inefficaci i tradizionali processi di distribuzione commerciale e quelli di trasformazione delle materie prime in prodotti finiti, basati sul lavoro a domicilio e sulle manifatture artigianali. I gruppi più avanzati della società inglese si resero disponibili a render effettiva la transizione verso la modernità. L’Inghilterra divenne “l’officina del mondo” e nel “laboratorio inglese” si realizzarono quei processi attraverso i quali il capitalismo, da agrario e commerciale, divenne industriale.

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