La riforma della Chiesa: Rosmini e Lambruschini.

L’attività riformatrice dell’abate Rosmini e del sacerdote Lambruschini.

I problemi della riforma religiosa, di cui abbiamo dato conto nel precedente articolo, ispirarono in modo diverso i pensieri dell’abate roveterano Antonio Rosmini (1797-1855) e del sacerdote toscano Raffaello Lambruschini (1788-1873). Il primo fu anche filosofo apprezzato, e col suo “Saggio sulla origine delle idee” del 1830 tentò una mediazione tra san Tommaso e Immanuel Kant, ma l’opera fu messa all’Indice (la condanna verrà rimossa solamente nel 1959 dal Concilio Vaticano II). Nel 1838 pubblicò poi un breve trattato, “Delle cinque piaghe della Santa Chiesa”, che fu giudicato da Francesco De Sanctis il punto di partenza della scuola cattolica liberale italiana. L’ispirazione di Rosmini sorgeva dalla rievocazione del Cristianesimo antico, dall’età dei Padri. La riforma che egli reclamava riguardava soprattutto le istituzioni: il suo discorso, più che dogmatico, era ecclesiologico (relativo all’ecclesiologia, lo studio della Chiesa).

Rosmini credeva che una nuova definizione delle responsabilità dei vescovi e una diversa organizzazione della comunità dei credenti sarebbero state sufficienti a sollevare il Cattolicesimo dalla crisi. A suo parere, le piaghe che attanagliavano la Chiesa erano la divisione del popolo dal clero nel culto; l’insufficiente educazione dei sacerdoti; la disunione dei vescovi; l’interferenza del potere laico nella nomina dei vescovi; la servitù dei beni della Chiesa. Per tagliare le radici della mondanità della Chiesa, Rosmini proponeva il ritorno all’antico regime patrimoniale e l’elezione dei vescovi da parte del clero e del popolo. Durante la fase liberale del papato di Pio IX, Rosmini si avvicinò al movimento neo-guelfo; nel 1848 seguì il pontefice a Gaeta e, negli ultimi anni della sua vita, sollecitato proprio dal papa, pubblicò una veemente condanna del socialismo.

Diversa la concezione della riforma religiosa del sacerdote R. Lambruschini. Avendo risentito fortemente del messaggio di Saint-Simon, riteneva che anche il Cristianesimo dovesse svolgersi nella storia, sviluppando i germi che sono nel Vangelo. La riforma religiosa, per Lambruschini, guardava al futuro e trovava nell’utopia un vitale alimento. La dottrina doveva essere trasformata senza alterare le linee maestre della tradizione; i dogmi sarebbero rimasti intatti, pur essendo pervasi da un nuovo spirito. La riforma doveva essere riforma esclusivamente cattolica. Lamburschini dedicò la sua vita alla preghiera, agli studi, all’attività agraria, alla pratica della carità sociale. Esplicò il suo impegno riformatore in ambiti diversi ma convergenti: la promozione d’una agricoltura tecnicamente avanzata, la fondazione di Casse di risparmio e di Società di muto soccorso, l’apertura di scuole per i figli di contadini e artigiani, la diffusione di una letteratura popolare.

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