La presa della Bastiglia

La presa della Bastiglia può indubbiamente esser considerato come l’evento simbolo della Rivoluzione francese.

Proclamando l’Assemblea nazionale costituente, i rivoluzionari avevano riportato una grande vittoria, almeno apparentemente; la corte contava di riprendere in mano la situazione, come risultò evidente allorché Luigi XVI licenziò Necker, ministro riformatore per definizione, gradito alla borghesia, e ordinò un forte concentramento di truppe intorno a Versailles. Queste manovre, nitidamente controrivoluzionarie, misero in pronta allerta le masse cittadine, già sospettose ed inquiete, e caricarono di significato politico la protesta popolare.

Il 14 luglio i Parigini scesero in piazza e, reagendo a qualche provocazione, finirono col prendere d’assalto ed espugnare la vecchia fortezza della Bastiglia che sorgeva al centro della città. Il re e la corte erano avvertiti: Parigi non sarebbe rimasta inerte di fronte ad un eventuale colpo di Stato. Da quel momento in poi i ceti cittadini (tra cui annoveriamo artigiani, piccoli commercianti, salariati delle botteghe, operai) avranno un peso incisivo nella storia successiva della Rivoluzione. Quella appena descritta viene ricordata come la prima giornata popolare, e il ricorso alla violenza preannunciò drammaticamente il tragico corso del ’93.

La presa della Bastiglia ebbe come conseguenza immediata la costituzione di un nuovo consiglio municipale a Parigi: la Comune. I vecchi amministratori aristocratici furono sostituiti da amministratori borghesi, a difesa dei quali fu armata una milizia cittadina (conosciuta come Guardia nazionale), il cui comando fu affidato a Marie-Joseph-Paul de La Fayette (1757-1834), un aristocratico passato alla Rivoluzione e già noto ai più per aver combattuto a fianco dei coloni inglesi d’America ribelli alla madrepatria. Dietro l’esempio di Parigi la rivoluzione si estese a tutta la Francia. Ogni città e paese costituì una propria municipalità e armò una Guardia nazionale. Le autonomie locali ripresero vita. Luigi XVI dové ancora piegarsi: richiamò Necker e intervenne a Parigi a sanzionare quanto era accaduto, consentendo che il nuovo sindaco della città, l’astronomo Bailly, gli appuntasse sul petto, dinanzi alla folla esultante, la coccarda tricolore; tutto questo avvenne il 16 luglio. Queste le parole di Hobsbawn: “La combinazione di una serie di sollevazioni di città provinciali e di un’ondata di panico collettivo, che si diffuse tra luglio ed agosto in varie zone del paese, ridusse in frantumi la struttura sociale del feudalesimo e la macchina statale della Francia monarchica”.

Inizialmente la Presa della Bastiglia non ebbe affatto il risvolto simbolico che oggi le si attribuisce (l’inizio della Rivoluzione francese), ma fu considerata alla stregua di uno dei tanti tumulti allora frequenti a Parigi. Lo stesso Luigi XVI, rientrato a palazzo da una battuta di caccia, scrisse nel suo diario quel giorno rien (niente), a significare che non era accaduto nulla di rilevante o che meritasse di essere ricordato. Inoltre, terminati gli scontri e con la Bastiglia ancora in fumo, soltanto la sera del 14 luglio (e mai nei giorni in cui si verificò la rivolta) il re venne a conoscenza dei tumulti e della Presa della Bastiglia da un suo servitore; il re gli chiese: “È una ribellione?” – e il servitore: “No, sire! Una rivoluzione!”. Di conseguenza, il 16 luglio, sempre più turbato dalle notizie di rivolta, il re riassunse Necker come Ministro delle Finanze. Ma era troppo tardi, in quanto la Rivoluzione francese era ormai in atto (fonte: Wiki).

La rivoluzione contadina
Una rivoluzione o tre rivoluzioni? Qualcuno sostiene che ce ne siano state tre nel corso dell’estate del 1789: una rivoluzione parlamentare, al vertice; una rivoluzione urbana, o municipale; e una rivoluzione contadina.

Alla rivoluzione municipale seguì, per l’appunto, dietro propagazione spontanea, la rivoluzione contadina. Nelle campagne della Francia turbe di villani, esacerbati dalla carestia e dalla disoccupazione, convinti che la cospirazione aristocratica si preparasse ad assoldare, contro la Francia della Rivoluzione, vagabondi, agitatori, briganti, assalirono gli odiati castelli signorili, riversando il loro furore contro gli archivi nobiliari, ove si conservavano le carte che sancivano il loro servaggio. La Francia fu percorsa da un’ondata di emozioni confuse e contraddittorie passata alla storia sotto il nome di ‘grande paura’; questione che approfondiremo più in là, questa. La rivolta si placò solo quando l’Assemblea costituente, che aveva assistito impotente e sconcertata agli eventi, la notte del 4 agosto 1789 prese la risoluzione di dichiarare solennemente aboliti i diritti signorili, ovvero quegli obblighi e quelle prestazioni dalle quali i contadini francesi erano da tempo immemorabile gravati. Non ci sarebbero state più corvées, né pedaggi, né decime da pagare alla Chiesa, né tribunali signorili. Vero è che i diritti feudali furono dichiarati indennizzabili, per cui i contadini erano tenuti a corrispondere un’indennità di riscatto ai loro antichi signori. In effetti questo denaro non verrà mai versato e la questione sarà risolta nel 1792 dalla Convenzione, che delibererà l’espropriazione senza riscatto.

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