La politicizzazione dell’esercito

Una delle caratteristiche più importanti della Rivoluzione francese -in ambito militare- fu la politicizzazione dell’esercito. L’educazione politica dei soldati rimane un elemento essenziale all’interno di un regime rivoluzionario. Già nella rivoluzione inglese del 1641-47 fervore religioso e appartenenza politica avevano fatto forte l’esercito parlamentare, ma fu proprio durante la Rivoluzione francese che la mobilitazione politica dei soldati divenne un obiettivo programmaticamente perseguito attraverso vari strumenti (come ad esempio specifiche figure civili che affiancavano gli ufficiali, sezioni dei sanculotti presso i reparti, diffusione sistematica di giornali esplicitamente diretti ai soldati), anche se l’efficacia di quest’opera incontrò comunque dei limiti importanti. Il cittadino-soldato non è più chiamato solo a difendere la patria dai nemici esterni, ma anche, almeno in una prima fase, a partecipare attivamente alla diffusione degli ideali rivoluzionari. Fu proprio questo aspetto che decretò l’inizio di una pratica che diverrà sempre più comune all’interno degli eserciti europei, ovvero la politicizzazione dei soldati. L’esercito rivoluzionario anticipò così una delle caratteristiche della guerra del XX secolo, durante il quale, specie durante la seconda guerra mondiale, la scelta politica dei combattenti sarà un aspetto fondamentale dell’esperienza bellica.

Dunque, le vittorie dei rivoluzionari erano il risultato di un nuovo tipo di professionismo. Non bisogna, proprio per questo, trascurare il fattore politico. La conduzione della guerra era uno dei compiti più importanti che incombevano ai grandi comitati, i quali interpretavano il loro ruolo in modo estremamente interventistico. I rappresentanti in missione si recavano sovente presso le armate, così come nei dipartimenti, per controllare che la conduzione della guerra si ispirasse alle istruzioni politiche date antecedentemente. I commissari alla guerra mantenevano una presenza politica fin nei battaglioni stessi. Anche nelle battaglie l’autorità militare non si distingueva chiaramente dal controllo politico, poiché i rappresentanti potevano sconfessare gli ufficiali responsabili quando ritenevano che le circostanze lo imponessero.

Questo non era tuttavia un atteggiamento condiviso a livello continentale. Mentre nelle armate degli altri paesi si dispiegava il massimo sforzo per estirpare tutto ciò che prendeva una connotazione politica, la repubblica cercò volontariamente di politicizzare i soldati. Essi erano, dopo tutto, dei cittadini, e godevano in quanto tali delle libertà politiche. Potevano votare, prendere parte a manifestazioni, costituire club nell’ambito dell’armata o frequentare quelli delle città nelle quali erano di stanza. Si distribuivano dei giornali ai soldati per completare adeguatamente la loro educazione politica. Le arringhe contribuivano a rafforzare la motivazione degli uomini alla vigilia di una battaglia, e ci si serviva delle feste patriottiche per illustrare la politica in modo vivo e concreto.

Insomma, la politicizzazione dell’esercito divenne pratica comune in Francia, e fu uno degli elementi vincenti che contraddistinse l’esercito rivoluzionario.

Precedente Napoleone il (socialmente) conservatore Successivo Antoine-Henri Jomini