Questa una definizione chiarificatrice di quello che è stato il Cattolicesimo liberale. Un movimento politico della prima metà del diciannovesimo secolo, diffuso in Belgio, Francia e soprattutto Italia. Teorizzò la conciliabilità della dottrina cattolica con i principi liberali della separazione tra Stato e Chiesa, delle fondamentali libertà civili e di un ordinamento politico basato su un sistema di rappresentanza ristretto, nel quadro di uno Stato comunque ispirato ai valori del cristianesimo. Si contrappose al cattolicesimo intransigente, fautore di uno stretto vincolo tra Stato e Chiesa e di un regime politico assolutista. Il movimento italiano sostenne inoltre la conciliabilità della religione cristiana con il principio di unità e indipendenza della patria, richiamandosi all’età pre-comunale e comunale, quando il papato avrebbe svolto in Italia una funzione di difesa nazionale. Principali esponenti furono Alessandro Manzoni, Cesare Balbo e soprattutto Vincenzo Gioberti, autore del “Primato morale e civile degli italiani” (1843).
Diversi scrittori francesi si raccolsero sin dagli anni Venti intorno alla rivista “Le Globe”. Tra loro era diffuso il convincimento che solo una rinascita religiosa avrebbe reso possibile una nuova fioritura di civiltà. Si chiedeva con fermezza che la Chiesa, abbandonando la tradizionale alleanza con i monarchi, facesse propria la causa dei popoli e accettasse di conseguenza il sistema delle libertà costituzionali. Si esigeva d’altro canto che essa, pur lasciando intatti i dogmi, ammodernasse l’apparato dottrinale, adeguandolo allo sviluppo della cultura. Emersero così i motivi del rinnovamento liberale del Cattolicesimo e quelli della riforma della Chiesa stessa: i due temi percorreranno strade intrecciate lungo tutto il corso del secolo.
In Francia promotore della trasformazione liberale del Cattolicesimo fu Hugues-Félicité Robert de Lamennais (Saint-Malo, 19 giugno 1782 – Parigi, 27 febbraio 1854), presbitero, teologo e filosofo francese. In lui le due anime del Cattolicesimo, quella autoritaria e quella liberale, convissero a lungo per poi separarsi definitivamente. Nel 1817 il giovane abate denunciava l’impotenza della ragione umana a cogliere la verità: per salvare la fede dallo scetticismo e la società dall’anarchia invocava l’autorità del dogma e la sovranità dei pontefici. La crisi maturò negli anni che vanno dal 1824 al 1830. La profonda riflessione sulla politica francese ed europea lo spinsero a diffidare dell’alleanza fra trono e altare, e gli suggerirono dapprima un’alleanza tra il Papato e i popoli, poi la formazione di un partito confessionale che accettasse i metodi della libertà per difendere gli interessi della Chiesa su questa nuova frontiera. La proposta di Lamennais fu condannata fermamente dal papa con l’enciclica “Mirari vos” del 1832. Il ribelle rispose due anni più tardi con un opuscolo intitolato “Les paroles d’un croyant”, che sconvolse l’Europa cattolica: era il manifesto d’una democrazia evangelica per la quale Lamennais abbandonava non senza polemica la Chiesa, conservando soltanto un poetico involucro religioso. Gli altri esponenti del Cattolicesimo liberale francese (Charles de Montalembert e H. Dominique Lacordaire) rimasero su posizioni più moderate e tentarono di continuare il pensiero di Lamennais senza rinunciare all’ortodossia: posero le basi del partito cattolico francese che sarà appoggiato, in un secondo momento, dal Vaticano.