La Libia e il nucleare

Tentiamo ora di dar vita ad una sorta di percorso incentrato su una tematica di estrema attualità, ossia il rapporto storico di alcune ‘aree calde’ con lo sviluppo di un proprio potenziale nucleare, tentando di sviluppare in tal senso riflessioni che possano farci comprendere con maggior chiarezza il delicato equilibrio dei rapporti di forza tra le potenze che si rendono quotidianamente protagoniste sulla scena internazionale. Partiamo dalla Libia…

LIBIA
La Libia sottoscrisse il TNP (Trattato di Non Proliferazione) nel luglio del 1968, ma dopo l’arrivo del colonnello Gheddafi il Paese avviò un programma nucleare segreto nei primi anni ’70, principalmente come risposta all’analogo programma israeliano. Tra il 1970 e il 1980 il Paese iniziò ad importare tecnologie nucleari ed ingenti quantità di uranio, sfruttando il mercato nero messo in piedi dallo scienziato pakistano Khan e senza rivelare nulla agli epserti dell’AIEA. Nel 1981 fu costruito a Tagiura, nei pressi di Tripoli, un centro di ricerca nucleare con l’assistenza dell’Urss e qui gli scienziati iniziarono a condurre esperimenti illegali per l’arricchimento dell’uranio. Nei primi anni ’80 la Libia avviò contatti con la FR, il Belgio e l’URSS per costruire un reattore nucleare, ma le sanzioni imposte al Paese a partire dal 1986 per il suo appoggio al terrorismo internazionale (vedi probabile partecipazione libica all’attentato del 1986 in una discoteca di Berlino Ovest) fecero fallire le trattative. A dispetto della pessima situazione economica generata dalle sanzioni, la Libia intensificò il suo programma nucleare per tutti gli anni ’90. A metà degli anni ’90 dopo diverse riunioni a Dubai, in Turcia e Mali, il colonnello Gheddafi preso un accordo secondo il quale avrebbe investito 100 milioni di dollari per comprarsi uno stock di armi nucleari dalla rete di Khan. Come parte del pacchetto, Gheddafi voleva ottenere disegni tecnici di una semplice bomba con uranio arricchito, basati sulla progettazione nucleare provata per la prima volta dai cinesi nel 1966. Quest’ultima fu trasmessa ai pakistani dopo il test nucleare indiano nel 1974. Per produrre l’uranio arricchito, necessario alla bomba, Khan propose a Gheddafi centrifughe a cascata ad alta velocità per la scissione degli isotopi basate su un’avanzata tecnologica rubata all’UNESCO.

Ben presto in Libia iniziarono delle difficoltà, in quanto in alcune assemblee si evidenziò come porre queste tecnologie in una nazione dove gli esperti nel settore nucleare si potevano contare sulle dita di una mano. Poteva essere molto rischioso.
Il programma nucleare libico andò avanti per tutti questi anni segretamente, finché il 19 dicembre del 2003 Muammar Gheddafi lo svelò al mondo, dichiarando tuttavia che lo avrebbe arrestato al più presto. La principale causa sembrava essere quella che i suoi uomini non fossero in grado di assemblare e far funzionare correttamente tutto l’equipaggiamento che aveva comprato. In realtà bisogna tener conto di altre considerazioni e motivazioni: innanzitutto le azioni militari americane contro l’Afghanistan e l’Iraq, quest’ultima accusata di essere in possesso di armi di distruzione, impaurirono notevolmente Gheddafi pensando che potesse essere il prossimo ad essere colpito; il fatto che nel frattempo la Cia aveva scoperto il traffico illecito di Khan e la sua relazione con Gheddafi; non per ultimo un forte problema economico legato al petrolio.

L’attacco dell’11 settembre al World Trade Center di New York sembrò essere stata la svolta decisiva delle relazioni del colonnello Gheddafi con gli USA. Dopo questi assalti e la condanna che ne conseguì in Afghanistan, Gheddafi contattò il presidente egiziano Mubarak con l’obiettivo di stabilire una nuova relazione con gli USA. Gheddafi temeva di essere il prossimo. All’inizio del 2002, il figlio di Gheddafi, Saif Al Islam, residente a Vienna, si sforzò al fine di stabilire un canale di comunicazione con gli USA e la GB. Con l’apparente approvazione del padre, Sairf volle offrire un patto che consisteva in: la Libia avrebbe deposto le armi di distruzione di massa e tutto l’ovest avrebbe abolito le sanzioni e rimosso la Libia dalla propria lista di sostenitori terroristici. Nell’autunno del 2002, gli emissari andarono a Tripoli per discutere questo fatto, in ottobre, con i più alti e ai livelli ufficiali. L’inglese Tony Blair scrisse a Gheddafi esprimendo il suo interesse per un reciproco passo indietro sul programma di utilizzo delle armi nucleari e sulle sanzioni britanniche.

Dopo l’invasione americana dell’Iraq fu chiaro a Gheddafi che il presidente americano non faceva eccezione neanche per i Paesi del terzo mondo che cercavano di svilupparsi sul piano nucleare. Capì che se gli americani avessero voluto, sbarcando sulla ex base aereonautica Wheelus sulle coste libiche, avrebbero potuto prendere il controllo su Tripoli in una sola notte.
Oltre all’industria inadeguata di Khan e alle minacciose truppe americane, c’era anche un terzo fattore che portò Gheddafi a chiudere la sua mano sul nucleare: il costante deterioramento dell’industria petrolifera libica. Quando Gheddafi salì al potere nel 1969 la Libia vendeva petrolio in grandi quantità, come 3 milioni di barili al giorno, ma in soli due anni la produzione scese drasticamente, senza mai recuperare lo splendore iniziale.

All’indomani della seconda guerra tra USA e Iraq, il colonnello ospitò due visitatori molto interessanti: la Cia e la MI – 5. Per 20 anni queste agenzie avevano seguito le attività del pachistano Khan e sapevano anche dei suoi affari avviati con la Libia, sebbene in quel momento non fosse il loro obiettivo. Tuttavia nell’ottobre del 2003, una nave cargo, la “BBC China” lasciò i porti della Malesia con un carico sospetto e come questa passò attraverso il canale di Suez per la Libia, il governo statunitense fece una telefonata al proprietario tedesco di tale barca, chiedendo una deviazione per la Sicilia, prima della sbarco a Tripoli. Gli americani volevano ispezionare il carico. L’ispezione portò alla scoperta di un tesoro: 5 container contenenti pompe, parti delle centrifughe e importanti attrezzature idrauliche, tutti acquistati da un certo Tahir, un intermediario facente parte del contratto tra Gheddafi e Khan. Ogni tentativo dei libici di spiegare il perché di questo carico fu annullato da un semplice compact – disc dato a Gheddafi in cui era registrata un’intercettazione telefonica tra il “boss” delle bombe nucleari libiche Ma’atouq e il pachistano Khan, dalla quale era chiaramente intendibile la volontà di sviluppo delel armi atomiche in Libia. A questo punto da parte libica rilevare completamente le loro attività agli americani, gli inglesi e la AIEA era l’unica via d’uscita rimasta. Nel periodo di tempo, che va dall’inverno del 2003 fino al 2004, i libici erano ospitali e disponibili verso le investigazioni degli ispettori. Rivelarono le loro origini del loro nascosto programma di arricchimento dell’uranio, i dettagli del loro programma di creazione di armi nucleari e i nomi dei loro fornitori. I libici fornirono informazioni anche sulle intenzioni di Gheddafi e i suoi successivi fallimenti. Nel marzo del 2004, come ulteriore mossa del suo pentimento, la Libia firmò il protocollo aggiuntivo al trattato di non proliferazione. Khan chiese scusa pubblicamente e fu confinato nelle sue proprietà per tutta la vita; in seguito venne scoperta la partecipazione dei fornitori, che erano (ma non sempre i governi), le nazioni di: Russia, Germania, Malesia, gli Emirati Arabi (Dubai), Svizzera, Sud Africa, Turchia e Olanda. In minor parte apparvero anche i nomi di Spagna e Italia per aver fornito pezzi legali ma con possibile doppio uso senza fare domande. L’esposizione dichiarò il ruolo della Turchia (non del governo turco) come fornitore di magneti, motori e parti elettroniche per la rete nucleare, mentre quello del Sudafrica era stato quello di lavorare per Khan nel 2003 inviando i suoi mercenari tecnici (scienzati).

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