La Guerra d’Algeria

19 marzo 1962 – La fine della Guerra Franco-Algerina (o Guerra d’Indipendenza Algerina).

La progressiva dissoluzione degli imperi coloniali europei nel secondo dopoguerra non si verificò affatto in modo indolore. E la Francia non fu un’eccezione, anzi. Nella gestione dei rapporti con le colonie, i Francesi avevano adottato il modello napoleonico di centralizzazione del potere. Vigeva dunque il rigido principio del controllo diretto, che escludeva di fatto le élite locali dalla gestione del territorio, con il risultato di spingere i movimenti nazionalisti verso posizioni sempre più radicali ed estreme. Il processo di decolonizzazione che negli anni Cinquanta investì l’Impero francese si rivelò traumatico (vedi Algeria e Vietnam).

La Francia occupò l’Algeria nel 1830. Era uno dei più antichi possedimenti e, proprio per questo, ospitava una percentuale piuttosto elevata di coloni francesi. Parigi sin da subito aveva adottato una politica di assimilazione molto stringente nei confronti del Paese africano, avendo forti interessi economici e industriali sul territorio. Dalla fine della Seconda guerra mondiale, si verificarono diversi episodi di ribellione. Tuttavia, quello che avvenne il 1° novembre del 1954, quando i Francesi furono informati di un’insurrezione scoppiata nel corso della notte in Algeria, rappresentò l’inizio di una cruenta battaglia che portò quest’ultima ad ottenere la propria indipendenza.

Sin dalle origini, furono gli Algerini appartenenti alle classi più agiate a farsi portavoce del diffuso disagio sociale interno al Paese, rivendicando una partecipazione più attiva all’amministrazione del territorio. Il governo di Parigi rispose con dure misure repressive. La rapida disfatta francese agli albori della Seconda guerra mondiale indebolì sensibilmente l’immagine dei colonizzatori agli occhi della popolazione indigena, che cominciò a maturare un sentimento di indipendenza che si farà sempre più importante.

Ferhāt ‘Abbās (Taher, 24 ottobre 1899 – Algeri, 24 dicembre 1985), politico nazionalista algerino, pubblicò nel 1943 il “Manifesto del popolo algerino”, che rivendicava l’ottenimento di una forma di autogoverno basata sulla partecipazione popolare, non rinnegando comunque il legame con la Francia. Il governo francese, finita la guerra, concesse uno statuto speciale per la propria colonia, che tuttavia si rivelò esser solamente un inganno, visto che il potere esecutivo rimase sostanzialmente nelle mani di un governatore nominato da Parigi.

L’iniziativa dell’insurrezione fu presa da alcuni giovani militanti del Movimento per il trionfo delle libertà democratiche (MTLD), che già dal 1947 raccoglievano armi e denaro in tutto il Paese. Tra i dirigenti della neonata formazione politica spiccava l’ex sottufficiale Ahmed Ben Bella (Maghnia, 25 dicembre 1916 – Algeri, 11 aprile 2012), politico e rivoluzionario. Nell’aprile del ’54 fu tra i promotori del Comitato rivoluzionario per l’unità d’azione (CRUA), che decise di perseguire la strada dell’insurrezione. La capitolazione dei Francesi in Indocina (disfatta di Ðiện Biên Phủ) incoraggiò l’iniziativa dei nazionalisti algerini, che fissarono nella notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre l’inizio della rivolta. Alla data prestabilita, il CRUA si trasformò nel Fronte di liberazione nazionale (FLN).

Le operazioni di guerriglia si estesero in tutto il Paese a macchia d’olio, in un crescendo di attentati terroristici. Il FLN divise il territorio in dipartimenti militari, entro i quali riuscì a creare strutture amministrative parallele a quelle ufficiali. L’insurrezione raggiunse in poco tempo diversi centri urbani e anche la capitale, Algeri, dove il movimento di resistenza era ben radicato. Parigi decise di impiegare 350mila uomini per sedare la rivolta. Questi diedero vita a una serie di offensive che riuscirono a ridurre la capacità di combattimento dei circa 15mila miliziani del FLN. I francesi riuscirono anche a catturare Ben Bella. Il generale Jacques Émile Massu (5 maggio 1908 – 26 ottobre 2002) avviò la cosiddetta “Battaglia di Algeri”, che costrinse l’intero movimento di resistenza alla difensiva. Ma la svolta era dietro l’angolo…

In Francia cominciarono a circolare notizie riguardanti i metodi utilizzati dal generale Massu in Algeria. Intellettuali e personalità di spicco della sinistra francese denunciarono la “sporca guerra”, il diffuso ricorso alla tortura, le violenze commesse contro la popolazione algerina. Le vicende d’Algeria si intersecarono così con quelle della politica interna francese. Ma come si arrivò a tutto questo?

La crisi interna scoppiò in seguito all’incidente avvenuto l’8 febbraio 1958 nel villaggio tunisino di Sakhiet, situato lungo il confine con l’Algeria e luogo di rifugio per i guerriglieri del FLN. “Senza preavviso, l’aviazione francese bombardò e mitragliò a bassa quota il villaggio. Furono uccise oltre settanta persone e un centinaio ferite, tra cui donne e bambini”. L’inchiesta che seguì la vicenda decretò che il raid era stato deciso dall’alto comando francese di Algeri, senza l’autorizzazione di Parigi. L’avvenimento suscitò profonda impressione in tutto il mondo. Seguirono le dimissioni del presidente del Consiglio francese Félix Gaillard d’Aimé (Parigi, 5 novembre 1909 – Jersey, 10 luglio 1970).

Il 1° luglio 1958 Charles André Joseph Marie de Gaulle (Lilla, 22 novembre 1890 – Colombey-les-Deux-Églises, 9 novembre 1970) ottenne l’investitura ufficiale a formare un nuovo governo. La sua proposta di riconoscere all’Algeria il diritto di autodeterminazione fu accolta favorevolmente dalla popolazione francese e da quella arabo-berbera, in un referendum tenutosi nel gennaio 1961 contemporaneamente in Francia e in Algeria. Ci fu ne frattempo un tentato colpo di Stato organizzato dai militari per prendere il potere in Algeria, ma fallì.

I negoziati tra il governo francese e il FLN ripresero a Evian (cittadina sulla sponda francese del lago di Ginevra). Si arrivò rapidamente a un accordo per il cessate il fuoco e per la creazione di un’Algeria indipendente (18 marzo 1962). Il conflitto si concluse ufficialmente il 19 marzo 1962. Due referendum si espressero favorevolmente a favore degli accordi. Si chiuse così la lunga avventura coloniale della Francia.

La guerra fu particolarmente cruenta, con un altissimo numero di vittime, soprattutto tra i civili algerini. Oltre un milione e mezzo di morti da parte algerina, dei quali solo un sesto facevano parte del Fronte di Liberazione Nazionale e degli altri schieramenti indipendentisti: la gran parte delle persone uccise furono, per l’appunto, civili.

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